Anti-corruzione, il Senato ha approvato i primi due articoli del ddl. Tra le proteste soprattutto del M5S, l’esame del ddl riprenderà martedì prossimo alle 16. Il voto finale è previsto per la serata di mercoledì.
Maggioranza compatta
L’articolo 1 introduce pene più severe per i reati contro la pubblica amministrazione. La maggioranza si è mostrata compatta respingendo con un centinaio di voti di scarto due proposte arrivate dall’opposizione. D’altra parte tutti i senatori democratici erano stati avvisati tramite sms: “Tra pochi minuti voto emendamenti Ddl anticorruzione. Sono possibili numerosi voti segreti. La presenza è pertanto obbligatoria senza eccezione alcuna, anche Governo”.
Aumentata pena accessoria
Grazie all’emendamento 1’309, che porta anche la firma di Felice Casson, senatore Pd, aumenta la pena accessoria dell’interdizione dell’esercizio di una professione o di un’arte per il condannato: il minimo, dagli attuali quindici giorni, passa a tre mesi; il massimo da due a tre anni. Un sistema di repressione del fenomeno, come diceva il ministro Orlando in apertura dei lavori, reso più congruo dai nuovi provvedimenti: “La valutazione non è su quanto alta è la pena, ma di quanto è funzionale l’insieme del sistema”. Aveva inoltre aggiunto: “Sono convinto che la repressione è solo una parte della lotta alla corruzione e forse neanche determinate”.
Contrarietà Fi e Gal
Netta la contrarietà delle opposizioni a tale emendamento espressa prima dalle parole del senatore di Forza Italia Giacomo Caliendo poi da quelle di Lucio Barani di Gal. Il forzista si è appellato all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendone l’intervento considerando “un’aberrazione mantenere pene minime così alte da costringere il giudice ad applicare la detenzione”. Secondo Barani invece “l’aumento della pena minima è del 50%: noi per fatti minimi ancorché gravi e solo per accuse ancora non controllate facciamo arrestare anche degli innocenti. Dobbiamo fare arrestare per cose minimali delle persone che magari dopo vent’anni vengono trovate innocenti”.
Clima rovente in aula: Barani contro Grasso
Il clima in aula si è fatto incandescente quando proprio Barani si è scagliato contro il presidente Grasso: “Se i suoi genitori gli avessero dato qualche ceffone, se gliene davano qualcuno in più, forse la educavano meglio”. Poco prima la seconda carica dello Stato aveva invitato il senatore di Gal ad usare un tono meno irriverente. Barani nel suo intervento aveva detto: “In quest’aula il primo che ricita Calamandrei gli do quattro ceffoni, non siete degni di nominarlo”.
Sconto di pena per chi collabora
Dalle opposizioni, nello specifico Fi e Lega, arriva invece l’emendamento che prevede uno sconto di pena per chi collabora con le autorità. Il reo che si adopera per lenire i danni della propria azione criminosa o per aiutare le forze dell’ordine ad individuare gli altri responsabili potrà usufruire di una condanna ridotta da un terzo a due terzi.
La polemica del M5S
Come preannunciato, la reazione più polemica è stata quella del M5S. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, ha voluto mandare il suo messaggio al presidente del Senato: “Grasso dovrebbe togliere la sua firma da quel disegno di legge se veramente tiene a una legge anticorruzione perché quella non è una legge anticorruzione: è stata svuotata e svilita”. Ed ha anche aggiunto: “I partiti stanno cercando si salvarsi la pelle”.
Un’altra voce critica a levarsi dalle file del M5S è stata quella del capogruppo in Commissione giustizia al Senato Enrico Cappelletti: “La maggioranza sta dando il meglio di sé. È arrivata addirittura a bocciare i suoi stessi emendamenti (in particolare il n. 1.308), fatto proprio dal M5S, che prevedeva il licenziamento degli amministratori pubblici corrotti”. Secondo quest’ultimo, da parte del governo, non ci sarebbe nessuna intenzione reale di porre un argine al dilagante fenomeno della corruzione: “La solita farsa della maggioranza. Ai lavoratori toglie l’articolo 18, mentre agli amministratori pubblici corrotti, mantiene intatte le tutele”.
Respinto “il daspo per i condannati”
La polemica dei cinque stelle muove soprattutto dall’amarezza causata dalla bocciatura del loro emendamento, il 1’306, riguardante il “daspo per i condannati per corruzione”. Cappelletti, in difesa dell’emendamento, ha dichiarato: “Era una misura idonea ed efficace per allontanare definitivamente dalla cosa pubblica tutti i politici che siano stati condannati per reati di corruzione, concussione, abuso d’ufficio. Una misura fortemente invocata dallo stesso premier Renzi nel maggio 2014, ma che è stata bocciata dalla sua stessa maggioranza. Questo è il Pd di Renzi. Slogan tanti, fatti zero”.
L’appello di Orlando: “Farsi corrompere è tradire il Paese”
I lavori in Aula si erano aperti con l’appello del ministro della Giustizia Andrea Orlando: “In questo momento storico chi si fa corrompere tradisce il Paese. Che cosa c’è di più grave in un momento come questo se non chi svolgendo funzioni pubbliche compie un reato per arricchimento personale”. Il ministro ha voluto inoltre sottolineare che “sul tema della corruzione è stata fatta una campagna sbagliata e ingiusta. Un ddl diventa legge quando ci sono le condizioni politiche perché magari ci sono idee diverse su come contrastare la corruzione. Io ascrivo al governo il merito di aver ricomposto idee diverse, a partire dalla propria posizione deliberata in Cdm”. Quindi l’ottimismo: “Io credo ci siano le condizioni per fare un significativo passo avanti e togliere molti alibi”.
“Un’emergenza nazionale”
Quella della corruzione è, nelle parole di Orlando e non solo, “un’emergenza nazionale”. Ed è quindi “necessario un grado di unità di tutte le forze politiche”. Il ministro ha aggiunto: “Non sconfiggeremo la corruzione se non daremo questo segnale, che viene prima la costruzione dell’unità che quella del legittimo punto di visto. Se continua la logica delle polemiche pretestuose diciamo che l’emergenza corruzione è nazionale, ma si preferisce lucrare qualche voto che affrontare questa emergenza. Mi auguro che su questo terreno cessi la propaganda”.