Il percorso della riforma della Rai prosegue. Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che prevede una radicale rivisitazione del servizio pubblico radiotelevisivo. Il testo approvato dall’esecutivo prevede di sostituire il sistema di governance attuale con un consiglio di amministrazione di 7 membri di cui 4 espressi dal parlamento, uno dall’azionista (cioè il ministero dell’Economia) e uno che rappresenta i dipendenti. Inoltre, si contempla un amministratore delegato con pieni poteri indicato anche questo dal Tesoro, vale a dire dal governo.
Il candidato sarà un supermanager che al governo risponde e dal governo arriva. La stessa dieta imposta al Cda, da 9 a 7 consiglieri, finirà per rafforzarne il peso specifico. Resta il contrappeso della Commissione di Vigilanza che “viene mantenuta e rafforzata nella sua funzione di controllo di tutto ciò che è servizio pubblico”. Renzi mette però le mani avanti sostenendo che la riforma viene “proposta” al Parlamento. Ma avverte che se non verrà approvata in tempo – ovvero entro luglio – il Cda della Rai verrà nominato con la legge Gasparri.
Riorganizzazione della giustizia
Al termine del Cdm, Renzi ha poi ufficializzato il via libera a “un atto di fondamentale importanza: la riorganizzazione del ministero della Giustizia“. Una riorganizzazione, dichiara il capo del governo che “passa dal libro dei sogni alla realtà. Il tema è assolutamente cruciale, è il vero modo con il quale si interviene su una delle carenze storiche che abbiamo: il numero dei procedimenti pendenti”. In conferenza stampa, è poi il Guardasigilli, Andrea Orlando, a fornire i numeri: “Con la riorganizzazione si otterrà un risparmio annuo di 64 milioni di euro. E’ la piu’ importante cura ricostituente del sistema giustizia che sia stata fatta negli ultimi anni”.
“Ci dotiamo – prosegue il titolare del dicastero – degli strumenti per gestire un passaggio epocale per il mondo della giustizia: da settembre gli uffici giudiziari non saranno più gestiti dai Comuni ma dal ministero della Giustizia”. Orlando ha dunque sottolineato che “questo intervento si aggiunge ad altri interventi organizzativi: a giugno è partito il processo civile telematico” e che nelle settimane scorse “il ministero ha acquisito dei fondi strutturali per 100 milioni di euro di cui 50 saranno utilizzati per l’informatizzazione del processo penale”. Il Guardasigilli ha poi ricordato di aver “costituito, come in altri Paesi, un grande dipartimento che si occupa di esecuzione penale esterna, cioè di pena alternativa al carcere”.
Gasparri: “Non sono riusciti a mandarmi in soffitta”
Nessuno ha rottamato la legge che porta il suo nome, “hanno cambiato il comma 8 dell’articolo 49: una piccola modifica”. Lo dice a Repubblica il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri a proposito della riforma della Rai annunciata ieri dal governo. “Come se avessero cambiato un articolo del codice penale. Un ritocco. Tutto il resto resta in vigore, pertanto mi reputo soddisfatto”. “Chi avrà la maggioranza avrà sempre più peso di chi sta all’opposizione. Ma questa è la democrazia. La Rai non è mai stata decisiva per la politica”. “Per evitare la lottizzazione bisognerà attendere la privatizzazione. Finché sarà pubblica l’azienda dovrà mantenere un rapporto col Parlamento”.
Fico (M5S): “Riforma Rai è solo una Gasparri 2.0”
“Questo disegno di legge non ci piace. Non cambia sostanzialmente nulla della legge Gasparri. Anzi, peggiora di gran lunga la situazione”. Lo dice al Corriere della Sera Roberto Fico, deputato del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione di Vigilanza Rai, definendo la riforma annunciata ieri dal governo “la Gasparri 2.0 alla Renzi”.
“La riforma prevede che due membri del cda siano di nomina governativa: tra loro c’è l’amministratore delegato, con poteri pieni. Poi ci sono quattro membri eletti da Camera e Senato, con voto limitato. Significa che ogni parlamentare può mettere un solo nominativo. Ma non essendo prevista una maggioranza qualificata, i partiti che sostengono il governo possono fare l’en plein e prendere tutti i consiglieri. Quindi se la maggioranza alla Camera si mette d’accordo su due nomi – e cioè una parte vota uno, l’altra un altro – i due membri sono entrambi espressione della maggioranza. Questo fa sì che il governo abbia il controllo del cda”.