Confindustra conferma attraverso il suo Centro Studi la fiducia nelle capacità di ripresa dell’economia italiana.
Avevamo già parlato delle sue previsioni per il 2015 in generale, basate soprattutto su fattori esterni come la parità di cambio euro-dollaro, il Quantitative Easing, il calo del prezzo del petrolio.
Ora Confindustria pensa di vedere i primi dati reali di questa ripresa.
Il primo, il più importante, è la crescita del PIL, +0,2% nel primo trimestre 2015, nonostante il calo della produzione industriale a gennaio, che il Centro Studi di Confindustria chiama “inciampo”, ritenendo che sia stato solo un incidente temporaneo prodotto da “fattori di calendario”, e ribaltato dai dati del mese di febbraio, che lo stesso Centro Studi prevede con una ripresa del 0,4%.
Altri indicatori che il CSC indica come forieri di una ripresa certa sono:
– L’aumento della fiducia delle imprese a febbraio, +7 punti da dicembre, ulteriormente migliorata in marzo quando vi è stato un ulteriore balzo di 5,5 punti, portando l’indica a 103, ovvero sopra il livello del 2010 che era 100.
– Il Purchasing Managers Index (PMI), che raccoglie le previsioni dei direttori acquisti, vede nel manifatturiero una ripresa a 51,9 (in salita di 2 punti), quindi superiore al 50 che indica stagnazione, con produzioni e ordini in recupero.
– L’anticipatore OCSE a febbraio ha accelerato per il terzo mese di seguito, e vede una maggiore ripresa del PIL in estate.
Del traino dell’export abbiamo già parlato estensivamente, ovvero dell’unico elemento che negli anni di crisi è riuscito a frenare la caduta del PIL, quello che secondo il Centro Studi di Confindustria sta emergendo è anche una ripresa del fatturato interno, con un aumento del 5% tra quarto e secondo trimestre 2014 delle quote di settori Ateco in cui queste si verificano.
Gli ultimi dati ISTAT sul commercio in effetti similarmente segnalano a gennaio un +1,7% del commercio al dettaglio rispetto allo stesso mese del 2014.
CSC prevede anche 10 miliardi in più a disposizione per le famiglie con il petrolio a 45 dollari, che ha provocato a febbraio un calo del 14,3% del prezzo dei carburanti dal picco di luglio.
Un dato molto atteso che infatti il Centro Studi Confindustria sottolinea è quello della ripresa degli acquisti di auto: +7% nel primo bimestre del 2015 sul quarto trimestre 2014.
Altri punti ripresi, già presenti negli altri report di Confindustria sono proprio quelli che sottolineano la svalutazione dell’euro non solo verso il dollaro, ma anche verso tutte le altre monete, per esempio con un -14% rispetto allo yuan, oppure il calo dei tassi di interesse rispetto allo Yuan.
Il punto fondamentale è che le condizioni monetarie totali segnano un allentamento a marzo 2015 rispetto al giugno 2014 di 3 punti equivalenti di tassi di interesse a breve.
Viene citato come un segnale di ripresa anche il rally della Borsa, provocato da investitori a caccia di migliori rendimenti dopo il QE e il crollo di quelli dei titoli, lo vediamo di seguito:
Si tratta di un +27% rispetto a gennaio, anche se siamo ancora a -45% rispetto al 2007!
Tuttavia a dare apparentemente ragione a chi ritiene Confindustria troppo vicina al governo Renzi e tendente a sopravvalutare alcuni segnali positivi di ripresa e sottovalutarne altri di segno opposto, arrivano i recentissimi dati ISTAT sull’occupazione, che non appare affatto in ripresa, ma anzi a febbraio in calo, nonostante i proclami sui nuovi posti a tempo indeterminato, che tuttavia sono regolarizzazioni di posti già esistenti.
Vediamo qui il calo di 44 mila occupati a febbraio rispetto a gennaio
Una bella doccia fredda per le illusioni di ripresa, siano della Confindustria o anche le nostre