Ieri è stata una giornata turbolenta per i senatori del M5S, soggetti ad un’inchiesta nata da un esposto presentato del senatore Enrico Buemi e altri membri di palazzo Madama nei confronti dei grillini dopo i disordini che si verificarono in aula durante le votazioni dello ‘Sblocca Italia’.
Inchiesta M5S, lo stop di Grasso
Inchiesta che ha ricevuto però lo stop del presidente del Senato, Pietro Grasso. “Ho chiesto alla procura che il procedimento e la convocazione di testimoni non abbiano ulteriore seguito”. “L’attività posta in essere dai membri delle camere non può formare oggetto di attività inquisitiva del pm”, ha spiegato Grasso citando una sentenza della Corte costituzionale.
In relazione “al procedimento su denuncia di alcuni senatori alla procura della repubblica del tribunale di Roma, sui fatti accaduti nella seduta del 5 novembre 2014, nell’aula del Senato, su cui sono stati chiamati a testimoniare alcuni senatori, tra cui due questori. Acquisito l’avviso dei capigruppo, dei vicepresidenti e dei questori”, ho deciso “di scrivere alla procura della Repubblica per affermare il difetto assoluto di giurisdizione della magistratura ordinaria sui comportamenti senatori nell’esercizio delle loro prerogative”.
Intanto nel pomeriggio di ieri la conferenza dei capigruppo allargata all’ufficio di presidenza del Senato “ha deciso di rinviare alla Giunta” delle Elezioni e le Immunità parlamentari “l’espressione di un parere” in merito all’inchiesta attualmente in corso presso la Procura di Roma. “La giunta – ha spiegato il capogruppo M5S, Andrea Cioffi – deve dare un parere se in questa situazione la procura può intervenire sull’attribuzione dei poteri stante l’autodichia”. Il capo di imputazione “riguarda l’art. 289 del Codice penale, interruzione di esercizio di organi costituzionali”.