Il neoborbonismo del web tra insulti, alieni e incitamenti all’odio
Una piccola panoramica sul fermento online dei sostenitori del neoborbonismo
“Si stava meglio quando si stava peggio”. Se si dovesse scegliere una frase rappresentativa degli italiani, questa sarebbe certo la più idonea. L’Italia è infatti la patria indiscussa dei movimenti monarchici, indipendentisti, autonomisti, campanilisti, federalisti e nostalgici di epoche passate. Si spazia dal nazionalismo lombardo, che vorrebbe tornare al Regnum Longobardorum d’epoca altomedioevale, passando per i nostalgici dell’Impero Austro-Ungarico (www.facebook.com/VotaFranzJosef?fref=ts) e sbarcando infine ai movimenti che rimpiangono il Sacro Romano Impero (che si presentano anche alle elezioni nazionali, tra le altre cose). Insomma, una Via della seta con una lunga carovana che qualcuno non stenterebbe a definire un circo a tre piste, se questo non offendesse la nobile arte circense.
Neoborbonismo, che cos’è?
Da qualche anno a questa parte, l’armata Brancaleone del si stava meglio quando si stava peggio ha visto ammettere (a pieni voti, indubbiamente) un nuovo movimento politico-intellettuale, che in struttura, letteratura e solidità non ha nulla a che invidiare agli altri componenti dell’armata: quello del neoborbonismo, che rappresenta i nostalgici della dinastia borbonica, quella di “Franceschiello” (o “Lasagna”, data la sua passione per quel piatto poco meridionale) e del “Re Bomba”, così chiamato perché amava così tanto il suo popolo da farlo bombardare con la marina nella città di Messina. In effetti, se in Italia c’è chi rimpiange re Rotari, ormai defunto da più di mille e trecento anni, e Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria, perché non può esserci anche chi rimpiange il Regno delle Due Sicilie e la sua casa regnante? Diavolo, no: largo al nuovo, largo al colore, largo alla freschezza della novità.
E così oggi l’Italia si può dire veramente unita, giacché anche i meridionali ora hanno i loro “bei vecchi tempi”; quei cari vecchi tempi quando si stava tutti meglio, e che qualcuno un giorno ha deciso di portare via. E, c’è da dirlo, questa corrente di pensiero, quantomeno nel volto mostrato al pubblico con i commenti sui social, non ha deluso le aspettative dell’onorato club al quale è stata ammessa: complottismo di primissima qualità, approssimazione storica, allarmismo di vario tipo, vittimismo di squisita fattezza e la spiacevolissima ma comunissima abitudine di condire il tutto con insulti, volgarità, minacce ed incitamenti all’odio: le armi per diffondere il verbo neoborbonico, nonché difendere le sue ragioni.
Neoborbonismo, il pensiero politico
Ma quali sono, in breve, queste ragioni? Qual è questo verbo che accende gli animi del neoborbonismo? In parole spicciole, tale pensiero è sostanzialmente basato sull’idea che nell’oramai defunto Regno delle Due Sicilie ci fosse ricchezza, prosperità, pace ed armonia più completa e totale: Bengodi, dunque. Questo ovviamente prima dell’arrivo di Garibaldi, un massone in accordo con i banchieri, che ha distrutto il sogno duosiciliano, portando nella Terra dove è sempre Estate povertà, mafia, camorra, emigrazione, sterminio ed addirittura schiavitù. “Il Sud”, infatti, “è una colonia”, dicono spesso; una colonia che prima era ricca e splendente, e che con l’arrivo dei piemontesi si è trasformata in una sorta di Uganda europea. “Siamo una colonia”, dice quindi un novello Masaniello del web, “perché quando sono arrivati i piemontesi ci hanno tolto le fabbriche ed i governi dell’ItaGlia hanno impedito al Sud di industrializzarci”. Poco conta che un povero cristiano (meridionale, tra l’altro), scrivendo sotto questo illuminante commento, faccia sommessamente presente che dal 1861 al 1868, quasi in maniera ininterrotta, il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Agricoltura del neonato Regno d’Italia fu gestito da napoletani e siciliani, ed anche che sino al 1876 i napoletani furono gli italiani che insieme ai piemontesi espressero più ministri di chiunque altro (2 in più dei lombardi): si becca qualche insulto e del “traditore del Sud”. Poi la faccenda passa al prossimo commento contro il mondo.
Questa è dunque la verità, il verbo insindacabile. Ovviamente a nulla vale il fatto che la storiografia moderna e contemporanea non solo italiana, bensì globale, tenda a dire che le cose non sono andate proprio così. Il fatto, ad esempio, che nel 1859 i dati sui tassi di analfabetismo del Sud fossero pari a quelli del Nord Africa (oltre il 90% in molte regioni) non sono ovviamente tenuti in considerazione; come d’altronde il fatto che questa situazione disgraziata dipendesse proprio dal fatto che i Borbone, nel corso della restaurazione assolutista, avevano chiuso con la forza tutte le scuole pubbliche che insegnavano ai figli di contadini ed operai (aperte all’epoca di Gioacchino Murat) al solo fine di dare l’esclusiva dell’istruzione al clero conservatore, che ovviamente si faceva pagare profumatamente per insegnare ai figli dei nobili e della borghesia. Il fatto poi che la storiografia (sempre mondiale eh, son fatti noti) ci indichi i Borbone come una dinastia così innamorata della propria gente da farle sparare addosso da plotoni d’esecuzione ed eserciti stranieri (quello austriaco della Lega Santa), soltanto perché quei poveri diavoli napoletani e siciliani chiedevano un parlamento ed una costituzione, è un qualcosa di assurdo ed inconcepibile. Sicuramente un falso.
Anche la Mafia, la Camorra, la Ndrangheta e persino la Sacra Corona Unita sono venute con l’Unità. Che si rinchiudano quei matti che da più di mezzo secolo studiano il fenomeno del crimine organizzato, risalendo addirittura al baronato medioevale degli Angiò: è più facile dare la colpa a Garibaldi, magari truccando (come è stato fatto) con photoshop alcune sue foto mozzandogli un orecchio, così da poter dire che era mafioso perché era stato uno sporco negriero, giacché in Sud America quella era la punizione per i contrabbandieri, ladri di cavalli e gli schiavisti (ma sulla faccenda delle immagini false è stato fatto anche di peggio: sul web girano foto di bambine ebree morte nei campi di concentramento fatte passare per bambine napoletane e lucane uccise dai garibaldini).
La faciloneria, la semplicità disarmante, la biblica e sciocca creazione di un “tutto ebbe inizio”, che segna una stupida ed immatura cesura tra il “bene” ed il “male”, sono i pilastri di chi si profonde in questo genere di commenti. E, ve lo garantisco, è un qualcosa che ti disarma, soprattutto se si ama la storia. E ti disarma ancora di più quando il complottismo più maestoso condisce il tutto, giacché, come detto, qualunque fonte storica che provi anche soltanto ad affermare qualcosa di diverso dall’incensare quel passato, viene rigettata con una ferocia ed una rabbia che rispecchiano una società malata, che riversa online le frustrazioni di una vita. Infatti, a quanto leggiamo tra i commenti di moltissimi utenti, che si trovano sparsi nelle varie pagine di questa corrente di pensiero, ogni tipo di fonte italiana, inglese, francese, tedesca, americana o persino russa che va a dipingere il Regno delle Due Sicilie per quello che era, e cioè un disastro per la popolazione di ceto medio-basso (i ricchi, il clero e la nobiltà stavano bene: i Borbone sapevano con chi fare affari, questo è certo), che era la stragrande maggioranza, è bollata come “storiografia dei vincitori”, della sporca cricca demoplutocratica e massonica che governo il mondo con le banche. La storia, “quella vera che non insegnano a scuola” (sic!), è ovviamente un’altra, una che conoscono solo loro. Dunque discutere e provare ad aprire un dibattito con questo tipo di neoborbonici risulta inutile, giacché se la nostra controparte accusa storici e professori (ma anche semplici viaggiatori stranieri che riportavano le misere condizioni di quelle terre in forma epistolare) di essere parte di una èlite massonica globale che da secoli ha come primario obiettivo quello di distruggere l’Italia meridionale, negando quindi a priori qualunque fonte, il dibattito si riduce ad una partita a scacchi con un piccione: tu allestisci il tavolo, rifletti a lungo sulla prima mossa e poi passi la mano all’avversario, il quale di tutta risposta ti fissa negli occhi girando la testa, inizia ad agitare le ali e fa cadere a terra tutti i pezzi, per poi andarsene via e via tronfio nella convinzione di aver vinto.
La cosa potrebbe finire qui se non fosse che oltre al vittimismo spinto torna con forza una nuova forma ibrida tra complottismo, bufale ed allarmismo, esemplificato in pamphlet virtuali che purtroppo hanno un vastissimo seguito tra la popolazione del web, e che nulla fanno se non alimentare falsità storiche e creare odio. Ne citiamo due tra i più interessanti. Il primo ha come logo immagine il simbolo dei Savoia con il teschio, e ci dice a chiare lettere che dopo l’Unità d’Italia le scuole del Sud vennero chiuse per ben quindici anni, al fine di “ottenere un’intera generazione di analfabeti da utilizzare come servi per le industrie del nord”. Il fatto che al Sud, proprio in quell’epoca, fu introdotta dal Regno d’Italia la legge Casati, che prevedeva per la prima volta l’obbligo scolastico e l’apertura di scuole pubbliche per ragazzi e bambini, evidentemente l’abbiamo lasciata a casa. Basti ad esempio pensare cha nella Palermo borbonica del 1860 studiavano solo 700 bambini, ed in quella italiana del 1867 quasi 10.000.
Il secondo ed ultimo pamphlet è invece un’opera d’arte, e non necessita neanche di essere giustificato o commentato. Il pittoresco logo non cambia (stemma Savoia con teschio dotato di corona), ma il contenuto si. Si narra infatti di un misterioso diario del generale Bosco, ufficiale borbonico, dove sarebbe riportato che durante l’assedio di Gaeta, canto del cigno del Regno delle Due Sicilie, i piemontesi avrebbero usato una certa specie di navicelle spaziali aliene per conquistare la fortezza, sganciando bombe dall’alto. Si specifica poi che già anni prima, quando ancora c’era pace, gli 007 del re Ferdinando II di Borbone avevano riportato che a Torino era caduto dal cielo “un grande oggetto che emetteva fumo”, e che i piemontesi l’avevano subito portato in un loro forte per studiarlo, tipo come si vede nei film fantasy sugli scienziati nazisti ed i loro esperimenti. Peccato però che, come questo pamphlet ci dice, i documenti in merito siano andati perduti, distrutti “dall’amministrazione itaGliana e piemontese”, e dunque non ci è possibile analizzare meglio i fatti. Pazienza, crediamo in parola a questa grande verità, e ci accontentiamo di aver finalmente capito perché Garibaldi, in evidente combutta con gli alieni, è a tutt’oggi chiamato l’Eroe dei due mondi.