Rai, ecco la riforma del governo

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La montagna ha partorito il topolino. La riforma della Rai, approvata in Consiglio dei Ministri lo scorso 27 marzo, sta deludendo molti. Da ultimo ieri è intervenuto Enrico Mentana, direttore di La 7, che sul blog di Beppe Grillo ha definito il disegno di legge presentato dal governo un “pannicello” e “non una riforma”, approvato in fretta e furia “perché sta per scadere l’attuale Cda” e “bisogna dare un senso di novità al nuovo board di direzione della Rai”. Eppure il premier aveva presentato il ddl “Disciplina della governance della RAI s.p.a”. come una riforma epocale che avrebbe “sottratto la Rai non solo ai partiti, ma anche al governo”. Era stata addirittura paventata l’idea del decreto per fare presto ma poi Renzi ha fatto un passo indietro dopo le polemiche giunte perfino dalla sempre pacata Laura Boldrini. Ora il disegno di legge approderà in Parlamento e seguirà l’ordinario iter legislativo (con i rimpalli collaterali) ma sempre Renzi ha minacciato che “se il Parlamento non approverà entro luglio la riforma della Rai, allora si terrà la Gasparri”.

Consiglio d’amministrazione

La prima modifica della legge Gasparri (dlgs 31 luglio 2005, n 177) riguarda la composizione del C.d.A. La legge vigente prevede che i nove membri siano eletti con “voto di lista” indicati dalle forze parlamentari e il Presidente dallo stesso C.d.A, ma dopo il parere favorevole (maggioranza qualificata) della Commissione di Vigilanza. Con la nuova legge, invece, i membri diventano sette e sono eletti in ugual numero (2) da Camera, Senato e Governo su proposta del Ministro dell’Economia. Il membro rimanente è eletto dai dipendenti di Rai s.p.a. Sempre secondo la nuova norma, il Presidente sarà eletto solo dal C.d.A senza passare dalla Commissione di Vigilanza che ne esce così fortemente ridimensionata. Anche se, va detto, quest’ultima torna in auge come “cane da guardia” nell’ambito della revoca dei membri del consiglio.

Amministratore delegato

Il direttore generale della Rai cambia nome: diventa Amministratore delegato. Nominato dal C.d.A su proposta dell’Assemblea, il super manager rimane in carica per 3 anni e deve decidere su una spesa molto ampia (tra i 2,5 e i 10 milioni) e sulle nomine più importanti, dopo aver sentito il parere del CdA. Come ha sottolineato il sottosegretario Giacomelli nella conferenza stampa di presentazione, l’A.d non è da considerare un dipendente di Rai s.p.a.

Canone

“Sono per l’abolizione del canone, ma è complesso” aveva detto Renzi davanti ai giornalisti. E per questo il governo “è delegato ad adottare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi per la disciplina del finanziamento pubblico alla RAI s.p.a”. Traduzione: il Parlamento dovrà anche firmare una delega in bianco per riformare nel giro di un anno il canone Rai che negli ultimi tempi ha raggiunto picchi di evasione assolutamente insostenibili.

Critiche

Oltre al ddl, il 3 aprile sul sito gov.it è apparso anche il documento programmatico che ha ispirato la riforma. Dallo stile epistolare e pur sempre ottimistico, sembrerebbe proprio la penna del premier. Certo, i punti critici sono molti. Vediamoli. “Con gli anni la morsa della burocrazia e dei partiti ha ridotto fortemente la sua capacità di competere, soprattutto a livello internazionale, indebolendo l’azienda” e “non serve un Parlamento che nomini i politici nel C.d.A” . Se la Rai è sempre stata lottizzata dai partiti, con la nuova riforma della governance cosa cambierebbe? La politica continuerebbe a nominarsi 6 membri su 7 del C.d.A e quindi anche l’A.d.

La Rai, negli ultimi anni, è stata invischiata in “vicende poco chiare e scandali”. Perché allora il consigliere Verro ­– che, come rivelato dal Fatto, spediva missive censorie all’ex premier Berlusconi contro sette programmi scomodi– non è ancora stato rimosso?

Tutta pagina 3 è incentrata sulla costruzione di un nuovo progetto editoriale. Bisogna investire su “cinema, documentari, cartoni, format e soprattutto serie tv” ma soprattutto ci vogliono “meno testate giornalistiche e più produzione di reportage e documentari”. Se potesse si candiderebbe a nuovo A.d, Renzi. Montanelli diceva di Berlusconi: “è talmente vanesio che ai matrimoni vorrebbe fare la sposa e ai funerali il morto”. Ma potrebbe valere anche per lui.