La condanna della Corte europea dei diritti dell’Uomo su fatti della scuola Diaz riapre la questione tortura in Italia. In particolare, ad attirare l’attenzione dei giudici di Strasburgo – oltre alla discutibile condotta tenuta dalle forze dell’ordine in quei drammatici giorni del luglio 2001 – è il vuoto normativo che l’Italia non è mai stata in grado di colmare: quello relativo appunto al reato di tortura.
La Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, ratificata dal nostro paese nel 1988, prevede infatti che ogni Paese aderente si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art. 1 della Convenzione stessa.
Il problema è che, a distanza di 27 anni dalla ratifica e di 14 dai fatti di Genova, il nostro paese non ha ancora introdotto nel codice penale alcuna riferimento al delitto in oggetto. In questa legislatura, tuttavia, potrebbe finalmente arrivare il tanto atteso passo in avanti. La discussione parlamentare, iniziata il 22 luglio 2013 in seno alla commissione Giustizia del Senato, si è conclusa con l’approvazione del testo unificato lo scorso 5 marzo, con voto quasi unanime. Il testo introduce un reato specifico di tortura e non richiama il requisito della necessaria reiterazione degli atti di violenza o minaccia perché si possa parlare di tortura.
Cosa è successo alla scuola Diaz
Stando alla suddetta Convenzione ONU, la tortura viene definita come quella condotta per la quale una persona infligge intenzionalmente dolore o sofferenze gravi a un’altra persona allo scopo di ottenere informazioni o una confessione, oppure per punirla, intimidirla o imporle una costrizione. Fondamentale, per aversi tortura e non lesioni o percosse, è che il soggetto attore della condotta lesiva sia un pubblico ufficiale o quantomeno agisca a titolo ufficiale, godendo, quindi, di un certo livello di approvazione delle autorità.
I fatti di Genova
È la notte del 21 luglio 2001 quando scatta l’irruzione delle forze dell’ordine alla scuola Diaz, durante il G8 di Genova del 2001. Dentro, centinaia di no global (giovani e meno giovani) arrivati nel capoluogo ligure per protestare contro il vertice internazionale stanno già dormendo, al termine di tre giorni di scontri violenti di piazza, culminati nella morte di Carlo Giuliani. Non è ancora mezzanotte quando la polizia irrompe nella scuola, quartier generale del Genoa Social Forum, ufficialmente a caccia dei black block che hanno messo a ferro e fuoco la città. Botte, manganelli in azione, sangue su pavimenti e mura, ragazzi agonizzanti nei corridoi.
Alla fine il bilancio dell’operazione è quello di una mattanza: 93 persone fermate, la maggior parte trasferite nella caserma di Bolzaneto, 63 feriti, tre in prognosi riservata con fratture multiple. Un pestaggio da “macelleria messicana”, lo definì qualche anno dopo Michelangelo Fournier, all’epoca vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma.