“Sarebbe opportuno che il presidente del Consiglio tirasse fuori da sotto al tappeto il grande convitato di pietra che è l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Senza questo passaggio, l’intero progetto di riforme rischia di essere solo un castello di carte. Per impedire questo noi siamo pronti a dare tutto il contributo possibile”. Così l’ex premier Silvio Berlusconi, in una lettera al Corriere della Sera, invita a ripartire dal presidenzialismo. “Non possiamo non sottolineare che da mesi ormai non si parla più di sindaco d’Italia, di premierato, di presidenzialismo. Queste riforme sono sparite. Nella proposte avanzate dal Pd, il tema fondamentale dell’elezione diretta del presidente della Repubblica da parte dei cittadini è scomparso, mentre sono rimaste in agenda questioni certo importanti, ma pur sempre di contorno: le province, la legge elettorale, una riforma del Senato di cui si stenta a comprendere la filosofia di fondo”. “Tutto ciò ha prodotto un esito sinora deludente: le riforme annunciate dal governo, anche a seguito dei soliti ricatti incrociati di partiti e fazioni, si sono già snaturate”.
“La causa di tutto ciò – continua il leader di Fi – sta nel vizio di fondo della sinistra: la mancanza di coraggio riformatore, la paura del fuoco amico, l’ipocrisia delle apparenze che nasconde l’immobilismo. Si preferisce lo status quo di un presidenzialismo strisciante piuttosto che un presidenzialismo costituzionale; un presidenzialismo di periferia, basato sui sindaci eletti, piuttosto che uno vero basato sulla sovranità dei cittadini”. Quanto all’incontro al Nazareno dice: il 18 gennaio “abbiamo appoggiato, senza riserve, l’idea di riaprire il cantiere delle riforme. Ma quello era un incontro politico, non un tavolo tecnico. Un’apertura di credito reciproca che, per quanto ci riguarda, sussiste ancora pienamente, sebbene sia difficile collaborare con qualcuno che ti dice che comunque deciderà anche senza di te”.