(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
Qualcuno ha aperto il Vaso di Pandora mediorientale e le conseguenze di questo gesto sono ancora imprevedibili e di difficile soluzione. A quattro anni dall’inizio del conflitto siriano in cui sono morte più di 222mila persone, i colloqui di Pace tenuti questo aprile a Mosca si sono conclusi con un altro fallimento.
Continua il conflitto siriano
Benché sia il Governo che i ribelli abbiano raggiunto intese positive su temi quali la lotta la terrorismo e la fine di coinvolgimenti da parte di Stati esteri dalla loro politica interna, un accordo politico sulla soluzione del conflitto è lontano dall’essere raggiunto e intanto, il confronto militare continua sui diversi fronti in cui sono sorti nuovi attori come lo Stato Islamico, modificando il binomio esistente.
Tutto questo ricade sulle sfinite spalle della popolazione civile, la sola vittima dell’escalation militare. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ci sono circa 7 milioni tra rifugiati e IDP (“internally displaced persons” – rifugiati interni). Questo scenario si profila ancora più grave considerando il deterioramento del confine iracheno e il profilarsi di un aumento delle stime precedenti su questo sconfinato terreno di battaglia in cui oramai la scarsità d’infrastrutture ostacola l’accesso degli aiuti umanitari.
Attacco a Yarmouk
Benché la situazione appare già di per sé tragica, l’attuale scenario è solo la punta dell’iceberg, la cui massa politica rimane quasi del tutto oscura. I recenti avvenimenti a Yarmouk sono parte di questo scenario. Qui le forze dello Stato Islamico hanno accerchiato il campo profughi Palestinese innescando lo scontro contro le forze palestinesi e le truppe di ribelli, alleatesi per arginare la sua avanzata. Ormai da giorni il campo non è più rifornito dagli aiuti umanitari e nemmeno gli appelli della comunità internazionale sembrano trovare risposta. L’UNRWA stima 560mila rifugiati palestinesi in Siria, accolti dai 112 campi.
Il campo di Yarmouk è situato ad otto chilometri. Il campo è storicamente riconosciuto come la capitale della Diaspora palestinese iniziata nel 1951, pochi anni dopo la creazione dello Stato d’Israele del 1948. Per affinità culturali, il governo siriano di quel periodo aveva concesso equi Diritti tra i rifugiati palestinesi e i cittadini siriani in modo da poterli integrare nel sistema economico del paese.
Dopo non poche vicissitudini, tra le quali anche la messa al bando dell’OLP e del suo leader storico Yasser Arafat, il gruppo palestinese di Hamas ha cercato di colmare il vuoto all’interno del campo fino al 2012 quando il suo esponente più rappresentativo Khaled Meshaal è fuggito in Qatar in quanto decise di appoggiare ufficialmente la fazione ribelle contro il governo di Bashar al-Assad. Da questo momento il campo è stato più volte bombardato dall’esercito governativo, considerato punto d’incontro dei ribelli, portando ad una fuga di massa della popolazione verso i paesi più pacifici quali Giordania e Libano e portando ad un calo della popolazione residente a 18.000 persone.
Hamas e Stato Islamico
Quando l’Isis dichiarò la nascita del Califfato nel giugno 2014, cominciò da subito ad accerchiare il campo, essendo considerato da diversi analisti strategicamente indispensabile per poter colpire i vicini palazzi governativi. Questo portò alla rottura quasi totale dei rapporti con il gruppo di Hamas, oramai divenuto portatore delle istanze politiche della maggioranza del popolo palestinese.
Già dal 2009 la situazione tra i 2 gruppi era difficile. Proprio quell’anno venne creato il gruppo terroristico dei Jund Ansar Allah (lett. I soldati seguaci di Dio) e il suo leader dichiarò la creazione del primo Principato dell’Emirato Islamico. La tensione è scoppiata principalmente per divergenza su obiettivi e mezzi per farvi fronte.
L’IS considera prioritario purificare l’Ummah (la comunità islamica nel mondo) da chi pensa diversamente e al di fuori della loro interpretazione dell’Islam. Dall’altra parte, Hamas, l’organizzazione più importante sulla striscia di Gaza, ha obiettivi più legati alla sua terra d’origine e al riconoscimento della Palestina come stato indipendente. Tutto questo ha ancora maggior significato da questo primo di aprile quando la Palestina ha ottenuto il riconoscimento dalla Corte Penale di Giustizia, un grande passo verso il riconoscimento internazionale.
In conclusione la situazione in Medio Oriente è lontana dal trovare una soluzione duratura in cui le varie fazioni necessitano una soluzione politica per ritrovare la giusta stabilità. A Yarmouk la comunità internazionale deve fare pressioni affinché le parti in causa possano cominciare un confronto reale, possibilmente basato sugli accordi diplomatici di Ginevra ma mai entrati in vigore, per permettere l’accesso al campo degli aiuti umanitari e la creazione di una zona neutrale attorno al campo. Il perpetuarsi della situazione attuale più solo portare ad una ulteriore desolazione e ad una incalcolabile perdita di vite umane. Una catastrofica prospettiva verso una escalation di violenze.
Efrem Garlando
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)