Davanti a 900 morti in mare tutto passa e deve passare rigorosamente in secondo piano. Così umanamente e logicamente Ilvo Diamanti nel suo consueto articolo settimanale per Repubblica, lascia spazio ad una lunga e profonda riflessione analitica intitolata semplicemente “Dobbiamo avere Pietà“. Il rischio maggiore ( e quello che fa più paura) per l’opinione pubblica italiana è quello di assuefazione davanti ai dati “disumani” delle morti nel Canale Di Sicilia. Senza girarci troppo intorno è inutile negare che non si ha la percezione di quello che accade a due passi da noi. Ormai più che di immigrazione, secondo il giornalista, si dovrebbe parlare di una vera e propria fuga dalla guerra e dagli eccidi. Sono proprio questi i principali motivi che costringono i migranti a lasciare i propri paesi d’origine e a rischiare anche la vita per giungere in Europa. Lampedusa è l’estremo confine del vecchio Continente , è come le antiche Colonne D’Ercole e rappresenta la fine del mondo occidentale per noi, ma il miraggio di una nuova vita per le popolazioni che decidono di lasciare l’Africa e il Medio-Oriente. Per loro è “la porta della felicità”.
Nell’Italia dei nostri giorni nel frattempo cresce sia l’opinione che gli “immigrati siano un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza (33%), sia la consapevolezza di vivere in un mondo puramente globalizzato in quanto due italiani su tre ritengono che per fare carriera i loro figli se ne debbano andare all’estero.
Quante volte abbiamo sentito la frase che anche negli altri Paesi non esistono immigrati? Bene l’Italia è al quinto posto dopo Gran Bretagna, Germania, Spagna e Francia. E’ bene sottolineare però come il 50% dei cittadini inglesi e tedeschi considerino questo un problema, mentre tra gli italiani la percentuale scende 13%. La cosa che invece sorprende i non addetti ai lavori riguarda i dati sull’emigrazione : in questo caso siamo al quarto posto.
Cosa fanno gli stranieri in Italia? Secondo il Centro Studi e Ricerche Idos “gli stranieri in posizione regolare, alla fine del 2013, erano circa 5 milioni e 440 mila. Cioè, l’8% della popolazione”. Il dato si incastra in un trend crescente: +4% rispetto all’anno precedente. Se si guarda al passato il numero complessivo è aumentato di quattro volte rispetto al 2001 e di tre volte rispetto al 2004. Un passaggio sociale dunque complesso e profondo ma al quale la società italiana si sta adattando. Oggi gli occupati stranieri sono il 10,4% del totale.
Come invece stanno raccontando i media e gli organi di informazione il fenomeno? Anche se in diminuzione sono sempre molto frequenti le notizie, in prima serata, sulle reti nazionali. Si passa da 1007 del 2013 a 901 nel 2014 ( Osservatorio di Pavia). Dopo la visita di Papa Francesco inoltre è mutato anche la narrazione: alle storie di intolleranza e violenza spesso sono uniti racconti di integrazione.
L’articolo di Ilvo Diamanti chiude con un interessante passaggio riguardante il rapporto tra politica e immigrazione che vale la pena leggere integralmente. “Tuttavia, ieri come oggi, in Italia come altrove, gli immigrati possono essere una risorsa politica. Soprattutto in tempo di campagna elettorale. Un argomento agitato da imprenditori politici della paura, per tradurre l’insicurezza – e le vittime degli scafisti – in voti. Il Front National, in Francia. Ukip di Farage, in Gran Bretagna. La Lega di Salvini, in Italia. Così diversi eppure così vicini. Nel segno dell’Anti-europeismo e della paura degli altri. Ma invocare blocchi navali e respingimenti, di fronte a tragedie immense, come quella avvenuta ieri nel mare di Sicilia, non è in-umano. È semplicemente ir-reale. Come se fosse possibile – oltre che giusto – fermare la fuga dalla guerra e dal terrore che ci assediano. A pochi chilometri da noi. Ma l’unico modo per fermare i disperati che, a migliaia, si dirigono verso le nostre coste – e, a migliaia, muoiono nel viaggio. Ostaggi di mercanti di morte. L’unico modo possibile per respingerli, per tenerli lontani da noi: è chiudere gli occhi. Fingere che non esistano. Rinunciare alla compassione verso gli altri. Non avere pietà di noi stessi”.