Italicum ed emendamenti: il diavolo è nei dettagli
Sono 135, di cui 11 targati minoranza PD. E’ il numero degli emendamenti all’Italicum, per la cui presentazione la scadenza era fissata a stamattina alle 9. “Dopo il vaglio di ammissibilità degli uffici della Camera (circa 40 non ammessi), ne rimangono 95” scrive poi su twitter uno dei due relatori in commissione Affari costituzionali, Gennaro Migliore. La votazione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera inizierà già domani, con l’approdo in Aula del testo completo per maggio.
Tra i firmatari degli emendamenti della minoranza dem c’è Alfredo D’Attorre, dissidente di ferro nonché membro della stessa Commissione Affari Costituzionali. Il quale spiega a Repubblica, in merito alle voci di sostituzione dei membri dissidenti: “Non intendo farmi sostituire volontariamente. Ho presentato alcuni emendamenti e, come ho chiarito al vice-capogruppo vicario, intendo sostenerli in commissione. E come me altri colleghi”. Sull’ipotesi di fiducia, il commento è secco: “grave il solo fatto che faccia aleggiare questa ipotesi: già questo mi pare una forma di pressione del tutto impropria sul Parlamento. L’esasperazione di un ruolo invasivo ed esorbitante che il governo ha esercitato nell’iter delle riforme”. Ed avverte: “La fiducia segnerebbe una lacerazione politica e istituzionale dalle conseguenze imprevedibili”. Nessun dubbio quindi sul suo voto, in caso di fiducia: “In linea di principio, personalmente, non darei la fiducia neppure a un governo che la ponesse su una legge elettorale da me condivisa”.
Ma nonostante i proclami di D’Attorre, entro stasera dovrebbe concretizzarsi la sostituzione in commissione dei dem dissidenti. Ad annunciarlo è il cuperliano Andrea Giorgis, che attacca: “Verremo sostituiti d’imperio, perché nessuno ha chiesto di essere sostituito. Ci sono già state le telefonate”. Questi i nomi dei 10 dem sostituiti: Pierluigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni.
Italicum, Civati, Brunetta e Scelta Civica criticano la sostituzione dei membri Pd
La sostituzione dei membri Pd in commissione Affari costituzionali non piace alle opposizioni e alla minoranza democrat. Per il ribelle Pd, Pippo Civati, la sostituzione di massa è “senza precenti nella storia repubblicana. Dal punto di vista parlamentare, sostituire tutti coloro che non sono d’accordo, sulla base delle loro intenzioni di voto, significa cancellare la funzione politica e istituzionale del lavoro in Commissione”. Per Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, “la sostituzione di 10 membri di commissione che evidentemente non la pensano come il segretario del partito e presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è una cosa assolutamente mai vista”.
#Italicum Se Renzi espellerà minoranza, ritireremo emen. e lasceremo comm. Inutile partecipare a farsa con burattini che dicono si a comando
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 20 Aprile 2015
Alla luce delle sostituzioni in corso tra i deputati del Pd in Commissione Affari Costituzionali, Scelta Civica sta valutando la decisione di disertare i lavori della Commissione e di andare direttamente in Aula. È quanto emerge in ambienti vicini al partito guidato da Enrico Zanetti. La capogruppo M5S alla Camera, Fabiana Dadone ammette che con la sostituzione della minoranza Pd “sfuma” di fatto “la possibilità di migliorare” l’Italicum. E il suo collega Danilo Toninelli, vicepresidente della Commissione affari Costituzionali, annuncia il ritiro degli emendamenti e l’addio alla Commissione se “Renzi dovesse espellere la minoranza”.
Italicum, emendamenti trappola
Una ventina gli emendamenti del M5S, altrettanti da Forza Italia, poco più quelli di SeL, briciole da Scelta Civica, Fratelli d’Italia e Lega. Ma nonostante il numero sia piuttosto contenuto, il governo non può certo dormire sonni tranquilli. Anche perchè basterebbe una minima virgola per rimettere tutto in discussione. E far apparire la “palude” da cui Renzi è sicuro di poter sfuggire, anche a costo di porre il voto di fiducia.
Tra i possibili emendamenti “trappola”, c’è quello che prevederebbe l’introduzione dell’apparentamento dei partiti al ballottaggio. Una mossa che scardinerebbe l’impronta bipartitica data all’Italicum da Renzi, facendo cadere il principio dell’assegnazione del premio di maggioranza al miglior partito. Un tema che potrebbe trovare una larga convergenza, dalla minoranza PD sino a SeL, FI, SC e financo il M5S. Da segnalare anche il tema sempreverde dei capilista bloccati, che D’Attorre vorrebbe ridimensionare a livello numerico. Poi c’è il tema delle candidature multiple e della scelta del seggio, su cui ci sono varie proposte che spaziano dall’opzione per il collegio in cui l’eletto ha ottenuto più voti a quella in cui si opta per il candidato dove il secondo arrivato ha ottenuto il risultato peggiore. Tra gli altri temi potenzialmente pericolosi c’è l’ipotesi di eliminazione del ballottaggio, nonché l’eventuale revisione delle soglie di sbarramento per accedere al secondo turno.