Chi ha inventato l’Ulivo?

Pubblicato il 6 Maggio 2014 alle 12:22 Autore: Livio Ricciardelli
ulivo prodi

Ormai il titolo di “inventore” o “ispiratore” dell’Ulivo risulta essere più inflazionato di quello di “esperto di comunicazione”. Nello specifico ci riferiamo a tutti i casi politici, perlopiù espressione delle amministrazioni locali, che hanno previsto o anticipato la futura asse tra il nucleo centrale del Patto per l’Italia (a parte la scissione della Cdu di Buttiglione) e quella dei Progressisti, schieramenti entrambi candidati (e quindi divisi) alle elezioni del 1994.

In molto attribuiscono, in primis Eugenio Scalfari, la vittoria di Berlusconi nel ’94 alla mancata unità del polo di centrosinistra incapace di cogliere gli aspetti profondamente bipolaristi della nuova legge elettorale post-Tangentopoli. Uno schema per certi versi non troppo dissimile dall’intuizione del compromesso storico, basandosi perlopiù su un’alleanza o fusione tra i settori della sinistra democristiana e gli eredi del Partito Comunista Italiano (diventati socialisti con l’ingresso del Pds nell’Internazionale Socialista nel 1992).

Il progetto dell’Ulivo ha poi subito profonde mutazioni improntate alla volontà di dar vita ad una lista unitaria (Uniti nell’Ulivo tra Ds, Dl, Sdi e Mre alle europee 2004) o addirittura ad un vero e proprio partito (il Pd). Molta acqua è passata sotto i ponti, molti esponenti politici si sono allontanati o avvicinati al progetto politico di base. Ma la patente di “ispiratore dell’Ulivo” resiste.

Tra i primi ad essere definiti tali troviamo Lorenzo Dellai: l’attuale capogruppo alla Camera del gruppo “Per L’Italia” infatti è considerato nello specifico l’ispiratore della Margherita. Ovvero l’idea di unificare in una sola lista tutti i soggetti politici collocati sì centrosinistra ma a destra rispetto al Pds. Il cartello con cui Dellai vinse per la prima volta le elezioni provinciali di Trento nel 1998 comprendevano infatti il Partito Popolare, Rinnovamento Italiano e altri sprazzi di libdem.

L’anticipazione di quella che divenne la Margherita solo nel 2001, prima lista elettorale per Rutelli in grado di comprendere un arco di forze, da Mastella a Prodi, dal 14.7% dei voti e poi partito vero e proprio dal 2002 (ma senza Mastella).

ulivo

Senz’altro la nascita della Margherita è stato un fattore di unificazione e di semplificazione del quadro politico a sinistra. E per quanto la politica non si faccia coi “se” e coi “ma” può essere stato un fattore in grado di alimentare le speranze di un partito unico del centrosinistra (secondo alcuni addirittura, in primis Parisi, era proprio all’interno del recinto dell’Asinello prima e dei Dl poi che doveva rispecchiarsi il nuovo Pd).

Di recente però, se spostiamo il discorso ai livelli di coalizione, è il saggio sul Convegno sui Mali di Roma del 1974, scritto dal giovane cronista de “Il Tempo” Daniele Di Mario a collocare la vicenda nella capitale d’Italia. Sappiamo infatti dell’importanza delle elezioni comunali del ’93 per la storia della sinistra italiana. Anche in quel caso i futuri Progressisti (che candidavano il verde Rutelli) e i futuri pattisti (che candidavano il prefetto-dc Caruso) corsero separati contro Gianfranco Fini e il candidato del Partito di Rifondazione Comunista Renato Nicolini.

Dopo la vittoria però Rutelli allargò la maggioranza ai Popolari inserendo l’ex segretario del movimento giovanile Dc Renzo Lusetti nella sua squadra di governo con delega al personale. Uno sforzo politico che a livello nazionale non ebbe esiti considerando le successive politiche tenutesi 5 mesi dopo quelle elezioni. Ma in grado di assegnare anche a questa operazione la patente di precursore dell’Ulivo.

Per certi versi, anche se molto più complesso, anche la vicenda della corsa di Dario Franceschini alla poltrona da sindaco di Ferrara nel 1994 assume connotati controversi. Ricordiamo che in quel frangente Franceschini, ex Dc, non condivise la scelta della stragrande maggioranza del suo partito di correre in maniera autonoma rispetto ai Progressisti. Cogliendo l’impianto bipolare del sistema (e probabilmente animato da un viscerale risentimento nei confronti di Berlusconi) aderì ai Cristiano-Sociali, unico pezzo degli ex Dc a schierarsi col centrosinistra sin dal 1994.

In occasione delle comunali ferraresi dell’anno successivo Franceschini da assessore alla cultura mise in piedi una singolare coalizione in grado di sostenerlo alla poltrona da sindaco comprendente Cristiano-Sociali, Federazione dei Verdi e Federazione Laburista di Valdo Spini. Il risultato fu un 20% dei consensi decisamente maggiore a qualsiasi media nazionale di tutti i tre partiti messi assieme. Chissà, in tempi di renzismo dilagante potrebbero spuntare come funghi nuovi antenati in grado di rivendicare il copyright e la patente di Pater Patriae.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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