Ha destato molto interesse, qualche illusione, alcune polemiche, la proposta di Boeri, neo presidente INPS, di introdurre un reddito minimo garantito per gli over 55 al di sotto di una soglia di povertà, calcolando il reddito familiare, in particolar modo e in un primo momento per i disoccupati, come il ministro del lavoro Poletti vorrebbe restringendo la platea per motivi di finanza pubblica. Di fatto sarebbe come un ASPI aggiuntivo per chi oltre questa età ha già terminato il sussidio di disoccupazione.
Boeri parla di una emergenza disoccupazione per gli over 55, solo il 10% dei quali riesce a trovare un altro lavoro una volta perso il proprio.
Come stanno le cose?
Se osserviamo i dati Eurostat che mettono in confronto i dati sull’occupazione alle diverse età dei Paesi europei dall’estate del 2012 all’ultimo trimestre 2014, possiamo capire come è evoluta in pochi anni di crisi l’occupazione e la disoccupazione.
Sono anche gli anni dell’entrata in vigore della riforma Fornero che trattiene al lavoro di più le persone aumentando naturalmente il rischio di disoccupazione. D’altra parte è vero che la gran parte di questi lavoratori non ha vissuto il periodo della precarietà subita dai più giovani, e hanno contratti a tempo indeterminato de vecchio stile, naturalmente non quelli nuovi varati con il Jobs Act
Uno dei primi dati che colpiscono è quello sugli inattivi, prendendo le percentuali di coloro che non lavorano e non lo cercano, tradizionalmente sempre alti in questa fascia.
Ebbene, l’Italia è il Paese in cui gli inattivi sono crollati maggiormente, del 15% in soli due anni. Mentre sono per esempio cresciuti in Grecia.
E’ l’effetto della riforma Fornero che ha reso impossibile la pensione per molti e quindi fatto crollare il numero degli inattivi.
Dove sono finiti questi ex-inattivi? L’Italia risulta essere il secondo Paese per crescita degli occupati, un dato che nessun altro segmento di età può vantare, lo vediamo di seguito, una crescita del 15% circa, contro il 2,5% di crescita della Spagna, 1,3% del Portogallo, e il calo del 7,7% della Grecia, per esempio.
E’ senz’altro una buona notizia, soprattutto in confronto al resto d’Europa, ma dobbiamo immaginare che non si tratta di persone che hanno fatto colloqui e sono stati assunti in un posto nuovo, ma invece lavoratori che sono rimasti al proprio posto senza andare in pensione fino a poco tempo fa.
Colpisce tuttavia il confronto con altri Paesi ad alta disoccupazione, come Spagna, Grecia, Portogallo, la differenza sta probabilmente nelle diverse leggi sul lavoro: in Italia questa categoria di over 55enni gode appunto dell’articolo 18, in grande maggioranza, cosa che non esiste per gli altri Paesi citati, che anzi hanno varato leggi tra le più flessibili a livello europeo, soprattutto la Spagna, e in cui i disoccupati subito dopo sono aumentati molto in tutti i segmenti di età
Quindi la disoccupazione quanto colpisce i lavoratori più anziani? Certo vi è un aumento, e anche rilevante, del 25%, siamo primi tra i grandi Paesi.
L’aumento dei disoccupati over 55 è superiore a quello di Spagna, Grecia, Portogallo e di molti altri Paesi.
Vi è da dire che rimaniamo tra i Paesi con disoccupazione più bassa in questo segmento di età, come vediamo di seguito, il 5,9%, che non regge il confronto con la disoccupazione giovanile sul 45% per esempio.
Ed è chiaro che movimenti a questi livelli così bassi producono variazioni ampie in termini relativi, già solo andare dal 4% al 5% vuol dire un aumento del 25%, appunto.
Dunque chi ha ragione? Esiste una emergenza disoccupazione per i lavoratori più anziani?
Di fatto quello che è accaduto in Italia è che vi sono stati cambiamenti maggiori di quelli verificatisi negli altri Paesi: in poco tempo da una situazione cristallizzata da decenni in cui il 55-65enne medio andava in pensione e non doveva preoccuparsi di perdere o trovare lavoro nei pochissimi anni che rimanevano al ritiro, si è ritrovato ad avere davanti molti più anni di lavoro, e quindi una probabilità maggiore di perderlo, anche se questo è normalmente molto più protetto di quello dei più giovani.
Ed è chiaro che nel momento in cui gli inattivi per effetto della riforma delle pensioni diminuiscono, aumentano le altre due categorie, quella degli occupati e dei disoccupati, tuttavia a quanto pare la gran parte degli attivi in più in questi ultimi 2 anni si sono convertiti in occupati, ovvero in persone che sono rimaste tranquillamente al proprio posto di lavoro in attesa della pensione posticipata.
Non sembra esserci perlomeno una emergenza disoccupazione per gli over 55 superiore a quella che esiste per gli over 30 o over 40, tra l’altro molto meno protetti da leggi del lavoro rigide, quanto un avvicinamento, come in molti altri ambiti, così anche nelle statistiche su occupati e disoccupati, a una media europea.