Secondo fonti del governo, l’accordo sarebbe stato trovato in maggioranza e non cederà “ai ricatti di Calderoli”. Scelta Civica, intanto, tramite un tweet del presidente dei senatori del partito, Gianluca Susta, lo conferma e fa sapere che “voterà il testo base del governo”. Ma la tensione è comunque alle stelle. Silvio Berlusconi ha confermato che il testo base non verrà votato da Forza Italia. E Roberto Giachetti del Pd torna a invocare il voto su Twitter: “Fidati di me, andiamo a votare”.
Secondo quanto riportano diverse agenzie di stampa, da parte del governo non ci sarebbe nessuna intenzione di apportare modifiche al ddl sulle riforme uscito dal Cdm, che quindi dovrebbe essere assunto come testo base della commissione. Si parla anche di minaccia di dimissioni da parte del ministro Boschi ma il governo smentisce.
In commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama si è assistito, in mattinata, ad un vero e proprio braccio di ferro tra maggioranza (decisa a mantenere, nei limiti del possibile, la bozza di riforma licenziata dal ministro Boschi) e opposizioni, che invece puntano a introdurre radicali cambiamenti.
Per ora la discussione si è arenata ed è stata rinviata alle 20.30, come conferma il capogruppo di Sel Loredana De Pretis: “Si naviga a vista. In questo momento i capigruppo stanno intervenendo per illustrare le modifiche che vorrebbero introdurre. Per ora non c’è un testo base ma solo l’odg presentato da Roberto Calderoli, che non verrà messo ai voti”.
L’inventore del Porcellum è tornato all’assalto presentando un proprio ordine del giorno che prevede, oltre al dimezzamento dei senatori, anche un taglio netto dei deputati, ridotti a 400. Inoltre verrebbe meno il bicameralismo perfetto, con il rapporto di fiducia che rimarrebbe in capo alla sola Camera mentre il nuovo Senato concorrerebbe al procedimento legislativo solo in determinati ambiti.
Per quanto riguarda la composizione, il Senato delle autonomie dovrebbe essere costituito costituito “dai presidenti delle giunte regionali, dai presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dai sindaci dei Comuni capogruppo di Regione e di provincia autonoma, nonché da senatori regionali eletti in ciascuna regione”.
Il Governo vorrebbe far approvare il testo Boschi così com’è e apportare in seguito delle modifiche. Ma la minoranza del Pd, Ncd, Forza Italia e Lega vogliono delle garanzie formali. Il ministro per le Riforme, durante un incontro con alcuni costituzionalisti, ha dichiarato che “nessun testo è perfetto”, ma ha poi ricordato “l’identità e l’unità degli obiettivi da realizzare nella proposta del governo”.
Per quanto riguarda il ritardo della riforma, il premier Matteo Renzi ha voluto ribadire il motivo per il quale si è scelto di aspettare lo svolgimento delle elezioni europee prima di varare il testo: “Noi in 65 giorni di governo abbiamo messo in campo alcune proposte, che vogliamo sottrarre al confronto elettorale, per questo abbiamo accettato l’invito ad attendere il 25 maggio. E’ un atto che un po’ mi costa, a livello europeo sono tutti più interessati alla riuscita delle riforme che alla discussione sugli 80 euro”.
La mediazione a cui si lavora da ieri prevede l’approvazione di diversi punti tra cui: ridimensionamento dei senatori eletti dal Presidente della Repubblica (da 21 a 5), l’abolizione della quota fissa per le Regioni grandi e piccole e la maggior presenza delle Regioni rispetto ai comuni. Proposta quest’ultima che non trova il consenso dell’ ANCI che, come spiega il sindaco di Roma Ignazio Marino, “ritiene che il peso delle Regioni debba essere uguale a quello dei comuni”.
Parere favorevole alla riforma da Massimo Luciani che però sottolinea: “Il Senato deve continuare a chiamarsi Senato della Repubblica e non delle Autonomie”. Per Luciano Violante invece rinviare alle Regioni il metodo dei loro rappresentanti in Senato suona più come “un escamotage che una soluzione”. “Le scelte di fondo mi sembrano corrette e sostenibili”, dichiara l’ex ministro Franco Bassanini, “la Camera deve avere la decisione finale sui provvedimenti rilevanti ai fini dell’attuazione del programma di governo, anche perchè al Senato il Governo non ha lo strumento della fiducia. Alcuni punti di dettaglio possono essere tranquillamente rivisti”. E tra questi Bassanini segnala “la composizione paritaria” sulla base delle Regioni e “i 21 senatori di nomina presidenziale che possono alterare i risultati”.