Le polemiche sull’acquisto degli F35 stanno assumendo, com è classico in Italia, le dimensioni della telenovela, come per il TAV per esempio. Un progetto firmato e ratificato negli ultimi 15 anni è venuto all’improvviso alla ribalta solo nell’ultimo anno ed è diventato il luogo in cui ognuno che ambisca a spendere soldi pubblici individua la fonte di risorse quasi infinite, spesso senza una idea precisa dell’ammontare della spesa.
A latere è tornata in voga la discussione sulle spese per la difesa, naturalmente complice la crisi economica, il desiderio di trovare un facile obiettivo per dei tagli che così risparmiassero altri settori come sanità, pensioni istruzione, ecc.
Quello che però va esaminato è il dato reale, comparato con i Paesi affini al nostro, perlomeno quelli europei.
Si può cominciare dal dato più recente di spesa per la difesa rispetto al PIL nel 2013:
Osserviamo che sono la Russia e alcuni Paesi ex sovietici ad essere in testa con anche più del 4% del PIL, ma spicca la Grecia che nonostante la crisi economica pesantissima destinava il 2,4% alla difesa, più della rivale Turchia.
L’Italia è circa a metà classifica con l‘1,6%, meno di Francia e Inghilterra che stanno appena sotto la Grecia, con il 2,2-2,3%, ma spendiamo più di Spagna e Germania, rispettivamente 0,9% e 1,4%.
Naturalmente qui contano alcuni dati storici più che l’impostazione economica scelta, se la Russia cerca di mantenere lo status di superpotenza di fronte a USA e Cina, la Francia e l’Inghilterra come potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale hanno voluto condividere con gli USA il ruolo di potenze militari in Europa, oltre che mantenere una influenza nelle aree ex coloniali, come l’Africa (questo è vero soprttutto per la Francia). Viceversa il ricordo del nazismo per la Germania e del franchismo militarista per la Spagna hanno lasciato una impronta di ostilità a tutto ciò che è militare.
La Grecia ha mantenuto nel tempo l’anacronistica rivalità con la Turchia.
E’ però fondamentale osservare il trend, ovvero come è cambiata la spesa perlomeno negli ultimi 10 anni.
L’Italia ha una chiara tendenza a una diminuzione della spesa per la difesa, dal 2% al 1,6% del PIL, maggiore di quello degli altri principali Paesi che hanno ridotto il proprio impegno solo dello 0,1-0,3%.
Le Grecia ha l’andamento più irregolare, l’impennata fino al 2009 è il risultato di una spesa che non vuole essere compressa ma sale in termini relativi per la diminuzione del PIL a denominatore e solo dal 2010 scende, senza però riuscire a raggiungere il livello degli altri Paesi europei.
Quello che appare evidente in conclusione è che i margini per scendere al livello tedesco e quindi risparmiare ancora uno 0,5% di PIL ci può essere, ma il trend della spesa non qualifica certo la Difesa come il settore in cui lo Stato ha avuto le mani più bucate.