L’ex premier Romano Prodi, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, parla del suo ultimo libro-intervista “Missione incompiuta: intervista su politica e democrazia”, curato dal giornalista Marco Damilano. E, nel farlo, risponde a molte domande su 20 anni di politica italiana interna ed estera.
“Tutto è bene quel che finisce bene” è il commento di Prodi che suggella il disgelo con il premier Matteo Renzi, dopo le polemiche riguardanti i meriti dell’assegnazione dell’Expo all’Italia ed a Milano. Ma poi arriva una riflessione sulle qualità di un buon leader, e il commento non può che essere anche un messaggio indiretto all’attuale premier: “I leader che più mi hanno colpito sono quelli che decidevano dopo accurate analisi”. E aggiunge: “Guai alla decisione che precede l’analisi, altrimenti il decisionismo diventa cocciutaggine”.
L’ex premier commenta anche ambiti molto lontani dalla sua storia politica, come per esempio la Lega Nord, un partito che inizialmente aveva “un tentativo di radici, poi consumate dal populismo”. E al giornalista che gli chiede un parere sullo storico commento di Massimo D’Alema – “Lega Nord costola della sinistra” – si lascia andare ad una battuta: “Non lo so, non mi intendo di autonomia”.
Prodi tra Euro, Libia e Putin
Da Prodi arriva un commento anche sull’Euro: “Se fossimo fuori sarebbe un bel disastro, con un Paese che rinuncia al progresso ed usa la svalutazione per rimettersi sempre in regola”. E aggiunge: “l’Euro è un elemento di serietà e severità per spingere l’Italia al progresso economico”. E rifiuta paragoni con la Gran Bretagna, fuori dall’Eurozona: “Il suo obiettivo è essere il più grande mercato finanziario del mondo, la Gran Bretagna è un’alternativa all’euro, ciò che la Lira non avrebbe potuto mai essere”. Ma poi bacchetta la politica scarsamente responsabile – e quindi solidale, vista la crisi economica – della Germania: “Quando hai la leadership devi avere la responsabilità. La Germania fatica ad entrare nel ruolo”. E sulla crisi greca individua le responsabilità della Merkel: “C’era un momento in cui sarebbero bastati 30 miliardi per risolvere il problema. Ma c’erano le elezioni in Renania-Westfalia e la Merkel temeva l’impopolarità di un aiuto alla Grecia, e così i miliardi sono diventati presto 300 a causa della speculazione”. Ma aggiunge: “I greci hanno truccato i conti”, e questo anche grazie a “francesi e tedeschi che, sotto la presidenza italiana, non vollero controlli sui bilanci nazionali”.
Prodi commenta anche la politica estera dell’Italia, un tema su cui emerge la presenza del suo avversario storico, Silvio Berlusconi. Sul quale Prodi dapprima si lascia andare ad una battuta: “Dice di essere popolarissimo in Cina? Sono un miliardi e trecento milioni, qualcuno è probabile che ci sia, anche se io non li ho mai incontrati”. Ma nel commentare il doppio stop alla sua candidatura a mediatore per la Libia, ammette: “nel 2011 ci fu probabilmente un veto da parte di Berlusconi e/o Sarkozy”. E poi dichiara: “Io la partecipazione italiana alla guerra in Libia non la capirò mai”. Dal fondatore dell’Ulivo un giudizio anche su Vladimir Putin: “All’inizio il rapporto Russia-Europa andò bene, poi arrivò la grande rottura sulla guerra in Iraq, con Putin che disse che da lì in poi sarebbe stato sotto assedio”.
Prodi e la politica interna
Sulla caduta del primo governo Prodi nel ’98 e sulle mancate elezioni anticipate, l’ex premier non si sbilancia: “Non so se sarebbe stato meglio, certo è che forse tutto si sarebbe deciso molto più rapidamente, senza un nuovo governo non eletto dal popolo e tutto ciò che ne conseguì”.
A Fazio che gli chiede se il vero cruccio non sia non aver mai creato un partito personale, Prodi ammette: “Dopo le primarie in cui ottenni più di 3 milioni di voti, crearlo forse avrebbe rotto una situazione di stallo”. Ma poi aggiunge: “Moralmente non me la sono sentita, io volevo unire e non dividere”.
Sulla crisi economica, Prodi ammette l’esistenza di condizioni favorevoli alla ripresa – dal prezzo basso del petrolio sino all’immissione di moneta da parte della BCE – ma ammonisce: “il punto imprescindibile è rilanciare l’occupazione”.
Non manca il riferimento ai 101 – che Prodi ricorda essere 120 – che ne affossarono l’elezione al Colle nel 2013: “Addirittura era saltata fuori la voce infondata che avrei sciolto il Parlamento”. E chiude con una battuta: “nessuno sa chi siano, i 120 sono l’unico segreto italiano”.