Israele: la comunità etiope si mobilità dopo un caso di razzismo ai danni di un soldato e viene caricata dalla polizia a Tel Aviv.
La rabbia degli ebrei etiopi
I reparti antisommossa della polizia di Tel Aviv hanno usato granate assordanti, cannoni ad acqua e lacrimogeni contro i cittadini di origine etiope che ieri, in 10mila secondo i media 3mila, invece, per la polizia, sono scesi per le strade contro il razzismo. Il bilancio degli scontri di domenica è di almeno 46 poliziotti e 7 manifestanti feriti, 26 dovrebbero essere le persone tratte in arresto.
La rabbia degli israeliani di origine etiope è esplosa la scorsa settimana dopo la pubblicazione di un video che ha catturato l’aggressione di due poliziotti ai danni di Damas Pakada, soldato israeliano – tra l’altro, come si vede dalle immagini, vestiva l’uniforme – di origini etiopi.
I due agenti sono stati sospesi dal servizio e accusati di “uso eccessivo della forza”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu oggi dovrebbe incontrare i rappresentanti della comunità etiope e lo stesso Pakada. Dopo gli scontri il ministro dell’Economia Naftali Bennet ha dichiarato che le autorità devono affrontare un “serio esame di coscienza”.
Cittadini a metà
Gli ebrei etiopi (Falasha) che vivono in Israele sono arrivati in due differenti ondate, risalenti al 1984 e al 1991, contestuali a gravissime carestie ma soprattutto alla repressione del 1977-1979 condotta dal governo di Addis Abeba che li costrinse a emigrare in Sudan. Vennero aviotrasportati, in seguito a una sentenza rabbinica che ne attestava la diretta discendenza dalla tribù di Davide (tradizione vuole che abbiano avuto origine dall’unione del Re Salomone con la Regina di Saba), con tre diverse operazioni denominate Mosè, Giosuè e Salomone.
La comunità adesso conta circa 135mila appartenenti, molti sono nati in Israele. Tuttavia, l’integrazione con il resto della popolazione resta difficile: più della metà degli etiopi israeliani versa in gravi condizioni economiche, solo la metà riesce a conseguire il diploma di scuola superiore. Una delle poche possibilità di “sopravvivenza” sociale per i giovani Falasha consiste nell’arruolarsi, ma neanche l’impegno nelle forze armate del proprio paese basta per essere accettati.
Il governo israeliano, nel 2013, ha addirittura dovuto ammettere di aver ordinato a lungo la somministrazione di farmaci per il controllo della fertilità (si parla del contraccettivo Depo-Provera) alle donne etiopi senza che ne fossero a conoscenza.