Elezioni Regno Unito, si riscalda il dibattito alla vigilia del voto tra i diversi partiti politici in gara per la maggioranza a Westminster si polarizza su tematiche prevalentemente legate al lavoro, lo stato sociale e l’immigrazione. Quest’ultimo tema, in particolare, ha guadagnato terreno nell’agenda dei politici inglesi e tra le preoccupazioni più pressanti del popolo di Sua Maestà.
Ad alimentare la querelle sono intervenuti, nel passato prossimo, vari fattori. Per un verso, l’incremento di migranti provenienti sia dall’Unione Europea, favoriti dalla libera circolazione delle persone, che da paesi extra-europei. Per altro verso, il fattore integrazione, rimesso in discussione, recentissimamente, da quello che viene definito un significativo afflusso di cittadini britannici verso le fila dello Stato Islamico.
Elezioni Regno Unito, focus immigrazione
Consideriamo, dunque, alcune cifre. Si stima che l’afflusso annuo di migranti nel territorio del Regno Unito si aggiri tra le 298 e le 300 mila unità.
Un incremento di cui il partito labourista si sente parzialmente responsabile. Secondo alcune stime le politiche migratorie implementate dal precedente governo Labour avrebbero determinato un incremento della popolazione inglese di 3,6 milioni di persone, secondo il Telegraph.
Tuttavia, c’è chi attribuisce tali numeri al governo Cameron. L’attuale Primo Ministro, infatti, alla vigilia dell’ultima tornata elettorale aveva dichiarato di voler imporre misure volte a ridurre il flusso migratorio a “decine di migliaia”. Un obiettivo evidentemente rimasto incompiuto.
Per rimediare agli errori del passato, le formule proposte dai vari partiti politici sono diverse.
I Tories dell’uscente Primo Ministro promettono di ridurre le cifre per mezzo di un sistema di assistenza sociale di più difficile accesso per i migranti, altresì implementando politiche restrittive sulla concessione di visti per studio, e adottando una quota massima annuale per i migranti non europei che si attesterebbe a 20.700 ingressi.
I labouristi di Miliband, pur non formulando delle quote, ritengono di voler mettere un freno al fenomeno migratorio riducendo il numero di ingressi per lavoro per i soli migranti non europei, e adottando regole più ferree per i visti per studio e per l’accesso al sistema di sicurezza sociale.
Lo Ukip di Farage propone una linea più restrittiva che limiterebbe gli ingressi annui ad una cifra compresa tra le 30 e le 50 mila unità.
I Liberaldemocratici vorrebbero, invece, introdurre un sistema di valutazione delle competenze dei migranti in relazione al fabbisogno nazionale. I Verdi, infine, pur non ritenendo di formulare alcuna quota, si pronunciano nel senso di un controllo dell’immigrazione.
Ma è davvero così drammatica la situazione? Secondo l’Osservatorio per le Migrazioni dell’Università di Oxford, dal 2000 ad oggi si è registrata una probabilità del 43% in meno per i migranti di poter accedere a benefici o crediti d’imposta.
Sempre secondo il medesimo studio, i migranti hanno il 7% di probabilità in meno di poter accedere all’edilizia pubblica.
Dunque, sembrerebbe che, sebbene sia innegabile l’incremento dei flussi migratori verso il Regno Unito, non si possa davvero parlare di emergenza. I problemi che, invece, dovrebbero porsi, secondo alcuni ricercatori inglesi, andrebbero individuati nella necessità di adeguare il sistema educativo pubblico, particolarmente carente e a cui accedono, per lo più, figli di immigrati.
Il problema si pone su due versanti. Da un lato, esso determina la necessità di un personale maggiormente qualificato, sia dal punto di vista linguistico che culturale, onde far fronte alla crescente multi-etnicità delle scuole pubbliche. Dall’altro, si pone un problema di eguaglianza sostanziale, considerato il fatto che la classe dirigente inglese proviene, per lo più, da università prestigiose, il cui accesso è tendenzialmente limitato a chi abbia frequentato scuole primarie e secondarie di prim’ordine, e, dunque, private.
Inoltre, si ritiene che altro problema vada individuato nell’accesso alla sanità pubblica che, essendo esteso gratuitamente a tutti i migranti, potrebbe subire significativi rallentamenti.
Inglesi preoccupati da immigrazione
Alcune statistiche hanno rilevato che, nonostante quanto appena detto, il 77% del pubblico inglese sia preoccupato dalla tematica dell’immigrazione. La stima potrebbe sembrare, forse, un po’ troppo elevata ma, certamente, il tema dei flussi migratori è tornato alla ribalta, in particolare, dopo l’accesa campagna portata avanti dallo Ukip di Farage nel corso degli ultimi due anni.
Tuttavia, studi statistici inglesi mostrano come il dissenso nei confronti delle politiche migratorie adottate dai governi inglesi sia localizzato principalmente nelle aree rurali, dove l’immigrazione fatica ad arrivare. Nettamente più tolleranti sarebbe, invece, la cittadinanza del sud-est dell’Inghilterra ed, in particolare, la popolazione della capitale.
È l’anno durante il quale dovrebbe svolgersi il referendum promesso dall’attuale Primo Ministro James Cameron, qualora dovesse vincere le elezioni, per interrogare la cittadinanza circa l’opportunità per il Regno Unito di rimanere membro dell’Unione Europea.
Il problema dei migranti c.d. europei si aggiunge a quello dei flussi migratori extra-europei, polarizzando le opinioni del pubblico circa la posizione di Londra all’interno dell’Unione.
I Tories vorrebbero rinegoziare con Bruxelles i diritti connessi alla libera circolazione delle persone, che avrebbe portato, a loro dire, ad un fenomeno di approvvigionamento, da parte dei migranti europei, del sistema di assistenza sociale, a detrimento dei cittadini britannici. Inoltre, pianificano di tagliare la possibilità, per tale categoria di migranti, di accedere a determinati benefici, nonché di ottenere aiuti per i figli all’estero.
Un referendum sarebbe, invece, al di fuori dei piani dei labouristi di Miliband che, tuttavia, non sarebbero contrari a limitare l’accesso al sistema di sicurezza sociale anche per i migranti europei.
I Liberaldemocratici di Clegg, di primo acchito, sembrerebbero assolutamente favorevoli al fenomeno migratorio, se ben gestito ed organizzato. Tuttavia, anch’essi si sono pronunciati in favore di una limitazione dell’accesso ai benefici per i migranti europei. Inoltre, propongono, per i migranti non in possesso di un adeguato livello di inglese, la frequenza di corsi obbligatori.
Lo Ukip di Farage si attesta su posizioni decisamente più intransigenti, ritenendo necessaria l’uscita dall’Unione Europea, così come forti restrizioni sull’accesso ai benefici. Inoltre, il partito di Farage vorrebbe un’equiparazione degli studenti europei con quelli internazionali onde uniformare il sistema delle tasse universitarie.
Asilo politico, le posizioni dei singoli partiti
Infine, merita una menzione il tema dell’asilo, giacché, sebbene tutti i partiti sembrino essere d’accordo sul rispetto delle norme internazionali in materia di asilo, le posizioni variano con riferimento ai dettagli dei vari programmi elettorali.
Labour e Liberaldemocratici si sono pronunciati a favore dello smantellamento dell’attuale sistema di detenzione dei richiedenti asilo, nonché dei non richiedenti asilo che siano donne incinta a vittime di violenza sessuale.
I Verdi di Natalie Bennett adottano un approccio orientato al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona, volto all’impiego dei richiedenti asilo e al garantire loro l’accesso al sistema di sicurezza sociale.
Lo Ukip di Farage, sebbene concordi con la necessità di rispettare le norme internazionali in materia di rifugiati, ritiene di dover alimentare un dibattito circa la distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo. Distinzione che, a detta di Farage, non sarebbe così chiara come dovrebbe essere.