(in collaborazione con Mediterranean Affairs)
La risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, avvenuto nel 1915-1917, recentemente approvata dal Parlamento Europeo, ha aumentato le tensioni mai sopite tra la Turchia e l’Armenia.
Armenia: tra Turchia e Russia
Sebbene l’Armenia fosse sotto la dominazione turca già dal Cinquecento, la popolazione aveva autogoverno e libertà di professare la religione cristiana. È nella fase di decadenza dell’Impero Ottomano, quando le potenze europee iniziarono a esercitarvi contro una maggiore pressione per ampliare i propri confini, che la convivenza tra diverse etnie e gruppi religiosi divenne insostenibile.
L’Impero Ottomano dei Giovani Turchi, nonostante le iniziali richieste di rinnovamento, stava gettando le basi per la realizzazione di uno Stato nazionale turco, non più multietnico e tollerante verso le diverse confessioni religiose, e un “anti-armenismo” attecchì conseguentemente nel tessuto sociale turco.
L’escalation di violenza raggiunse l’apice all’inizio della Prima Guerra Mondiale, nel 1915 quando la Russia cercò di esercitare una crescente influenza nell’indebolito Impero Ottomano attraverso l’Armenia. L’esercito zarista avanzava, avvantaggiandosi delle rivolte armene nella regione del Lago Van, l’attuale Turchia Orientale all’epoca a maggioranza armena, ma la risposta turca fu feroce. Milioni di Armeni, Assiri e Greci furono deportati nel deserto siriano.
Nella regione caucasica, la guerra terminò con la nascita della Repubblica Democratica Armena, costituita da territori dell’Armenia russa, ceduti all’Impero Ottomano sulla base dei Trattati di Brest-Litovsk, e le zone dell’Impero Ottomano, popolate per lo più da armeni. La Repubblica ebbe vita breve.
Nel 1920, una parte dell’Armenia fu riassorbita dalla Turchia e i restanti territori dalla Russia. Le questioni territoriali sollevarono le controversie tra le parti. Nel 1921, infatti, il Trattato di Kars sottrasse il Monte Ararat, sacro ai cristiani perché approdo dell’Arca di Noè, su cui fu fondata l’antica capitale armena Ani, e l’Armenia mal digerì anche l’assegnazione della regione del Nagorno-Karabach alla Repubblica Sovietica Azera, fino a covare un conflitto.
Negli anni Novanta, la guerra tra Armenia e Azerbaigian si riflesse negativamente sulle relazioni con Ankara. La Turchia chiuse i confini con l’Armenia, decretò l’embargo e paventò l’ipotesi di un intervento militare a sostegno dell’Azerbaigian, ma la minaccia russa pro-Armenia smorzò l’azione turca. Lo scontro si chiuse con la vittoria armena, che ora controllava quasi tutto il Nagorno-Karabach.
I rapporti con la Turchia però rimasero tesi. A ciò si aggiunse la costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, del metanodotto Baku-Tbilisi-Erzurum e della linea ferroviaria Kars-Tbilisi-Baku, che collegavano la Turchia con l’Azerbaigian bypassando l’Armenia.
Infatti, se da una parte l’Armenia non riconobbe ufficialmente il Trattato di Kars, dall’altra la Turchia sostenne l’Azerbaigian sulla questione Karabach, ponendo il veto sulla campagna armena per il riconoscimento del genocidio. Anche la riapertura della centrale nucleare di Metsamor, sul confine armeno con la Turchia, fu motivo di discordia. Metsamor era stata chiusa dopo il terremoto del 1988 e poi riaperta per aumentare l’importazione di energia, a seguito del blocco turco-azero, sebbene l’impianto fosse vecchio e inutilizzabile tanto da comparire nella lista nera dei siti nucleari pericolosi dell’Unione Europea.
Erdogan, la disputa sul “genocidio”, Papa Francesco
Nel 2002, la nascita del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) e la progressiva ascesa politica dell’attuale Presidente Erdogan sembrarono dare speranze di un miglioramento delle relazioni con le minoranze etniche e religiose interne alla società turca. Nel contesto più ampio della c.d. politica dello “zero problems with neighbors”, nel 2009 Ankara ed Erevan sottoscrissero a Zurigo degli accordi di normalizzazione dei rapporti.
L’Armenia rinunciava definitivamente a portare avanti la causa del genocidio e, soprattutto, riconosceva il Trattato di Kars. La Turchia, invece, non avrebbe più costretto l’Armenia a restituire Karabach all’Azerbaigian. Nel 2010, però, il Parlamento armeno ha sospeso la ratifica della convenzione, a causa della decisione del Governo turco di condizionare il patto alla risoluzione della questione del Nagorno-Karabach.
Una disputa che non ha mai visto fine e che, unitamente al blocco commerciale imposto da Ankara, ha isolato l’Armenia, limitatamente collegata alla Georgia e all’Iran, perché i confini tra Russia e Georgia sono chiusi e quelli con l’Iran piuttosto impervi. È ovvio che la riapertura dei confini con la Turchia consentirebbe all’Armenia di avere un accesso diretto al mercato europeo, ma questo ridurrebbe soprattutto la dipendenza economica del Paese dalla Russia. Non sono da sottovalutare i benefici della Turchia, la cui ammissione all’Unione Europea è condizionata, tra l’altro, anche dalla distensione dei rapporti con l’Armenia e il riconoscimento del Genocidio degli Armeni.
Il recente riconoscimento europeo di questa triste pagina della storia e l’istituzione della giornata della memoria, il 24 aprile, in occasione del centenario, non ha poi certo favorito il dialogo. Solo il governo armeno si è espresso favorevolmente alla possibilità di recuperare i contatti diplomatici con Ankara.
La Turchia ha di nuovo negato la veridicità del genocidio e, a seguito delle dichiarazioni di Papa Francesco I che ha classificato la strage degli armeni come “il primo genocidio del XX secolo”, ha richiamato l’Ambasciatore turco presso la Santa Sede.
D’altra parte, l’Armenia ha dichiarato di voler definitivamente rinunciare alla sospesa ratifica degli accordi del 2009. Le controversie sul massacro degli armeni celano dunque contrasti di lunga data e dimostrano come la stabilità del Caucaso molto dipenda dagli equilibri tra Turchia e Armenia, rispetto cui si teme che l’Europa mantenga un profilo troppo basso rischiando di lasciare campo libero a Putin.
Sarà la geopolitica, e l’esito delle elezioni in Turchia, a imprimere o meno un’accelerata alla distensione e normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due avversari, perché se la Turchia attraversa una fase economica favorevole e gestisce interessi, legati agli idrocarburi, che potrebbero contenere la Russia, l’Armenia conta però proprio sul sostegno di Mosca.
Federica Fanuli
(Mediterranean Affairs – Editorial board)