Agghiaccianti testimonianze di soldati che hanno preso parte all’imponente operazione militare israeliana, denominata Operazione Margine Protettivo, sulla Striscia di Gaza, nell’estate del 2014, sono state pubblicate dall’organizzazione Breaking the Silence, mettendo in discussione la condotta delle ostilità sulla Striscia da parte dell’Israeli Defence Forces (IDF).
Diritti Gaza: il dossier
L’organizzazione, che si occupa di informare circa i metodi utilizzati dall’IDF nei territori palestinesi, ha raccolto le testimonianze di una sessantina di soldati dell’esercito israeliano che hanno riferito dettagli a dir poco compromettenti per le forze armate dello Stato di Israele, con riferimento all’offensiva che, nel corso della scorsa estate, ha seminato morte e distruzione sulla Striscia di Gaza.
Diritti Gaza: il contenuto delle testimonianze
Le testimonianze mettono in luce una sostanziale indifferenza da parte dell’esercito israeliano per le norme di diritto internazionale che impongono ai belligeranti di distinguere gli obiettivi militari da quelli civili e di evitare di prendere di mira questi ultimi. Un principio fondamentale del diritto di guerra che viene denominato, in gergo tecnico, principio di distinzione.
I testimoni hanno riferito di regole a maglia larga che non prendevano in alcun modo in considerazione la natura dell’obiettivo da abbattere. Ad esempio, un soldato ha richiamato l’ordine espresso di trattare qualsiasi individuo che fissasse i convogli militari come fosse un ricognitore, e quindi di aprire il fuoco onde abbatterlo.
Si evince, dalle testimonianze, che nessuno, nella Striscia, sarebbe stato considerato “estraneo” alle ostilità, a meno che non sventolasse una bandiera bianca. Gli unici discrimini sarebbero stati l’altezza e il sesso. Riferisce, infatti, un altro soldato che l’ordine sarebbe stato quello di sparare a chiunque fosse più alto di un metro e quaranta e non fosse di sesso femminile.
Tuttavia, non è bastata questa sommaria distinzione a salvare la vita a due donne sulla trentina, in possesso di telefoni cellulari. Sebbene fossero disarmate, come ha fatto notare uno dei testimoni, il semplice fatto di avere il cellulare le avrebbe trasformate in “terroriste”, e dunque passibili di una condanna a morte ad esecuzione immediata.
Le testimonianze hanno, inoltre, posto in luce la violazione di un altro principio fondamentale del diritto internazionale di guerra, il c.d. principio di proporzionalità, che imporrebbe l’impiego della forza strettamente necessaria a raggiungere l’obiettivo (legittimo) prefissato, e che dunque, in presenza del rischio di arrecare danno alla popolazione civile, richiederebbe l’adozione di determinate precauzioni.
Precauzioni che, secondo l’esercito israeliano, si esaurirebbero nel lancio di volantini intesi ad avvisare la popolazione dell’imminente bombardamento, e nell’effettuazione di telefonate ai civili al medesimo fine. Un tanto sarebbe bastato, secondo alcune testimonianze, a far sorgere una presunzione di assenza di civili nelle aree interessate dai bombardamenti. Presunzione che non può che ritenersi quanto meno azzardata, considerata l’elevatissima densità demografica nella Striscia di Gaza (una delle più alte al mondo) ed i conseguenti tempi di evacuazione delle aree urbane.
Diritti Gaza: la dottrina militare dell’IDF
Emerge chiaramente, dagli agghiaccianti racconti dei soldati, che queste scelte strategiche facevano parte di una vera e propria dottrina militare che, sebbene non prevedesse espressamente il prendere di mira obiettivi civili, mirava innanzi tutto a minimizzare le perdite tra i ranghi dell’esercito israeliano, anche a costo di causare ingenti perdite civili tra la popolazione palestinese.
Si evince, inoltre, la volontà di utilizzare l’operazione militare come una sorta di deterrente per il futuro. Diversi soldati avrebbero, infatti, riferito il pensiero, comune tra i comandanti di brigata, secondo il quale un alto numero di vittime avrebbe sortito l’effetto di prevenire ulteriori lanci di missili dalla Striscia verso Israele.
Diritti Gaza: il movente dell’odio e della vendetta
Ad aggravare il panorama, già di per sé tetro, si aggiungono le testimonianze che riferiscono di reclute animate da un sentimento di vendetta nei confronti della popolazione palestinese, unite sotto il motto “facciamogli vedere”. Altre mosse da un vero e proprio sentimento d’odio nei confronti della popolazione araba. Insomma, come ricorda un luogotenente, si stava assistendo ad una radicalizzazione della retorica anti-palestinese, con un netto spostamento a destra dell’approccio al “nemico”.
Diritti Gaza: le violazioni del codice etico dell’IDF
Ma come se non bastasse, le testimonianze indicano anche gravi violazioni del codice etico dell’IDF che, quanto meno sulla carta, imporrebbe di adottare quante più precauzioni possibili onde evitare di recare danno alla popolazione e alle infrastrutture civili, nonché di fare uso di armi solamente contro i belligeranti.
Principi che, stando a quanto riferito dai soldati, sono stati apertamente infranti nel corso delle ostilità, da azioni spesso motivate dal desiderio di vendetta.
Diritti Gaza: investigazioni in Israele e prospettive future
Non può, dunque, che apparire del tutto insufficiente il tentativo della giustizia israeliana di indagare, e se del caso perseguire, solo alcuni degli episodi più gravi. Come si evince, infatti, dalle testimonianze, le violazioni del diritto di guerra sembrano aver assunto un carattere sistematico e diffuso nel corso dell’operazione militare.
Si tratta di considerazioni che potenzialmente potrebbero spiegare un’efficacia determinante su una futura decisione formale del Procuratore della Corte Penale Internazionale circa l’esame preliminare della situazione in Palestina, visto il ruolo che questa istituzione riveste nei processi di accountability per gravi violazioni dei diritti umani (meglio dette crimini internazionali).