“Fuori dal Pd c’è un sacco di roba, uno spazio sconfinato, che aumenta ogni giorno e quando leggeranno i sondaggi veri, scopriranno che in Liguria, per fare un esempio, la Paita non la vota più nessuno, cresce l’area di sinistra e Toti rischia di vincere. Soprattutto per la debolezza della candidata del Pd…”. Lo assicura Pippo Civati, deputato dimissionario del Pd, in una intervista alla Stampa.
Su quello che in molti già chiamano il partito della Cgil risponde: “Fino a qualche mese fa Susanna Camusso diceva: un partitino non ha senso. Giorni fa ha detto: non voto più Pd. Significa che c’è un’apertura di credito, una curiosità. Noi dovremo dimostrare di non essere velleitari perché se viene fuori una cosa minoritaria, io non ci sto, smetto di far politica. Non sono mai stato considerato affidabile dai sindacati, perché penso debbano cambiare, dopodiché sono diventato un loro paladino perché Renzi dice che non servono a niente”.
Civati punta a reddito di cittadinanza
“Dobbiamo incalzare il Pd con progetti realizzabili. Sul reddito minimo: parole alte ma anche dimostrare come si può fare”. E dei suoi colleghi della minoranza Pd dice: “Mi hanno detto: non chiederci di uscire, per ora non si muove nulla. Ma tutti si rendono conto che nell’opinione pubblica sta accadendo qualcosa di molto importante. Come sarà dimostrato dai voti al Pd”.
“Bersani mi ha chiamato, Renzi no”
Parlando di Matteo Renzi, «lui picchia soltanto a sinistra e quasi mai a destra, qualcosa vorrà dire. Ma se tu abitui la gente a pensare a destra, poi c’ è qualcuno più a destra di te che vince le elezioni”, osserva Civati. Dopo l’annuncio dell’addio al Pd “Matteo non mi ha chiamato. Bersani sì. Credo si renda conto che la ditta se la sono comprata le multinazionali. E si rende conto che la sua gente è in crisi”.
“Vediamoci in gran segreto a Firenze”
Con Renzi: “la ‘scintilla scoccò al telefono nel 2010, mi chiese di lavorare per mettere la rottamazione in chiave positiva”, racconta Civati. “La prima incomprensione clamorosa è nata quando lui andò ad Arcore, senza dirmi nulla. Facemmo assieme la prima Leopolda, litigammo e per tre anni seguì il silenzio, poi un giorno una telefonata. Mi disse: vediamoci in gran segreto a Firenze. Stavamo per sfidarci alle Primarie del 2013! Nessuno ne ha mai saputo nulla. Dopo tre anni di sberle, si creò un clima alla Salvatores”.