L’economia inglese: questo è il segreto della vittoria di Cameron
La vittoria dei conservatori di Cameron nelle elezioni inglesi del 7 maggio è stata inaspettata, soprattutto visti i sondaggi che davano Tories e laburisti testa a testa: nessuno realmente si attendeva che qualcuno ottenesse una vittoria netta e la maggioranza assoluta, e certo meno i conservatori dei laburisti.
Dal punto di vista politico ci si aspettava che, ad esempio, il leader labour Milliband avesse più appeal tra gli elettori, o che l’emergente populismo euroscettico dello UKIP attirasse molti elettori conservatori.
Probabilmente un aspetto era stato tralasciato a favore di considerazioni più puramente politiche: l’economia.
L’Inghilterra sta vivendo una crescita che, trattandosi di un’economia matura, può definirsi come un vero e proprio boom, analogo a quello americano.
Vediamo di seguito dall’Office for National Statistics la crescita del PIL inglese negli ultimi trimestri:
Nel primo trimestre 2015 sui media inglesi ci sono stati allarmi per un rallentamento al 2,4% di crescita annua, e anche solo questo dà l’idea della realtà considerando che l’Italia ha avuto una crescita zero.
Oltre alla crescita record per i livelli europei l’impatto più fondamentale sugli elettori è stato quello dell’occupazione, o meglio del calo della disoccupazione, dopo la recessione del 2008-2009. Come vediamo di seguito dall’inizio del 2012 l’andamento dell’occupazione in Gran Bretagna ha preso una piega completamente diversa da quella del resto dell’UE che allora ricadeva in una seconda recessione – soprattutto per i Paesi del Sud Europa – per invece rassomigliare in modo più netto a quello degli Stati Uniti, fino a giungere recentemente a meno del 6% di disoccupazione:
Come si vede di seguito ci si sta avvicinando ai valori del lungo periodo di crescita tra il 1992 e il 2008 quando, nei primi anni 2000, si toccarono i minimi di disoccupazione da 20 anni.
Ricordiamo che in Italia siamo a quota 13% circa e che non è previsto un calo per i prossimi 2 anni.
Tuttavia a segnare la differenza tra l’economia inglese e quella italiana è soprattutto il tasso di occupazione che da noi è stagnante al 55%, uno dei valori più bassi d’Europa, mentre in Inghilterra a fine 2014 si sono raggiunti del livelli record: il 73,4% delle persone tra i 16 e i 65 anni lavorava, con un aumento del 4% in due anni. Si tratta di un record questa volta assoluto, anche rispetto agli anni ’70 e ’80.
Come si vede anche nel periodo peggiore si è scesi al 65,6%, un livello comunque 10 volte migliore di quello italiano, fatta la tara a tutte le differenze di rilevazione statistica.
Come questo aumento dell’occupazione è riuscito a produrre voti e sostegno per i Tories?
E’ stato ben distribuito tra uomini e donne, e inoltre la gran parte dei 557 mila nuovi posti di lavoro creati negli ultimi 6 mesi sono full time, cosa non secondaria, visto che in molti Paesi, tra cui l’Italia, molto si è polemizzato negli ultimi anni, e anche prima della crisi, sul fatto che il nuovo lavoro fosse soprattutto part time, con un calo effettivo delle ore lavorate, e quindi salari più bassi. Qui invece abbiamo un aumento effettivo del lavoro e delle ore lavorate.
Vi è una distribuzione equilibrata anche tra autoctoni e stranieri, ossia tra coloro che sono nati in Inghilterra e chi è nato fuori:a dire il vero sono proporzionalmente di più gli stranieri, cioè il 35% circa dei nuovi occupati, ma che sono molti meno in Gran Bretagna. E’ tuttavia normale se si pensa che gli stranieri sono in media più giovani e sono stati più colpiti dalla disoccupazione.
Almeno il 20% dei nuovi posti di lavoro sono stati attivati tra i giovani tra i 16 e i 24 anni, e questo è un fatto particolarmente rilevante considerando che comunque questo segmento della popolazione è in calo per motivi demografici, come vediamo in seguito dai grafici del ONS. A seconda che si prenda il periodo di riferimento più lontano o più vicino, calano comunque sia i disoccupati che gli inattivi.
Ricordiamo che questo è in totale contrasto con il trend italiano, il quale soffre del record di aumento della disoccupazione per i giovani in Europa. In ogni caso anche altrove, come ad esempio in Germania, l’aumento maggiore di occupazione ha beneficiato soprattutto gli over 55enni , banalmente per l’innalzamento dell’età pensionabile.
Questo spiega anche la grande attrazione della Gran Bretagna, e di Londra soprattutto, per i giovani europei, italiani in primis, anche perchè, come vediamo nell’ultimo grafico qui di seguito, i nuovi posti di lavoro sono in settori appetibili come quello scientifico o dei servizi:
Naturalmente l’opposizione laburista e i media ad essa vicini come il Guardian hanno sottolineato i lati negativi dell’economia inglese: nonostante gli innegabili progressi, come il fatto che molti di questi nuovi posti di lavoro sono autonomi – similmente alle nostre partite IVA come il Guardian sottolinea – i salari reali sono scesi, e come in Germania si è scelto un modello che favorisce nuovi posti di lavoro a un incremento dei salari. Questo anche a causa del fatto che l’aumento della produttività è decisamente inferiore a quello di un tempo.
In ogni caso è visibile soprattutto nell’Inghilterra centrale e meridionale, nelle Midlands, nel Sud Ovest, nei sobborghi di Londra e in tutte quelle aree in cui la disoccupazione è più bassa, come grazie a questi dati i Tories abbiano resistito all’assalto dello UKIP e dei laburisti, rubato voti ai libdem e, in molti casi, aumentato le proprie percentuali.
Ancora una volta gli inglesi si dimostrano più attenti al dibattito sull’economia che a questioni ideologiche astratte e alla “politique politicienne”.