Il crescente dissenso interno al PD, l’addio di Civati al partito del premier, le scandalose candidature di riciclati ex leghisti e post fascisti in alcune liste satellite del Veneto e della Campania, l’arroganza strafottente con coi l’entourage renziano tratta tutti i tradizionali interlocutori della sinistra, fanno sentire necessaria, se non doverosa, la costruzione di un soggetto socio-politico “al di là” del PD per tutti coloro che non riescono a riconoscersi nella deriva imposta da Matteo Renzi ai democratici.
I sondaggi, unanimemente, riconoscono a questa alternativa politica un potenziale successo che, però, dipende molto dalla natura che essa si darà. Da quando il Partito Democratico è presente sulla scheda elettorale, tutti i tentativi di raggruppare le forze alla sua sinistra hanno segnato un sostanziale fallimento, politico prima ancora che elettorale. La Sinistra l’Arcobaleno (PRC, PdCI, Verdi, SD), nel 2008, s’è fermata al 3,12%; alle Europee del 2009, Sinistra e Libertà (SEL, Verdi e PSI) e la Federazione della Sinistra (PRC e PdCI) hanno entrambe di poco oltrepassato il 3%; nel 2013 Rivoluzione Civile (PRC, PdCI e IdV) s’è attestata al 2,25%. Solo con le Europee dello scorso anno, la “Lista Tsipras” è riuscita a superare di pochi decimali lo sbarramento del 4%.
Un nuovo raggruppamento antiliberista, come vorrebbe il segretario di Rifondazione, sembra dunque già in partenza condannato alla marginalità. È forse utopistico costruire un soggetto politico con le potenzialità di sostituirsi al PD come nuovo partito progressista di governo. Ma coloro che non si riconoscono nello stile e nelle politiche di Renzi non possono rinunciare ad influenzare, con un consistente numero di deputati, la dialettica parlamentare e l’azione dell’esecutivo chiudendosi dietro antistorici steccati ideologici. Se è profondamente sbagliato imbarcare, per vincere, i notabili portatori di voti orfani del berlusconismo, sarebbe altrettanto errato lavorare ad una nuova formazione anticapitalista con gli elementi estremi accolti anche nella recente esperienza de “L’altra Europa”. Karl Marx non è riuscito a proporre una fattibile alternativa al capitalismo e, francamente, si dubita che possano riuscirci Ferrero e qualche No-TAV.
Nell’atlante politico italiano servirebbe, invece, una sinistra socio-liberale che abbia come punti di riferimento l’integrazione europea, i diritti civili dei singoli e la crescita –produttiva e umana– che si realizza in quella “economia sociale di mercato” che, a differenza del vago neoliberismo renziano, riesce a coniugare con successo libero mercato e giustizia sociale. Non è un caso che un economista sinceramente progressista come l’ex premier Romano Prodi continui a guardare alla soziale Marktwirtschaft come al miglior sistema di sviluppo economico e sociale. Questa “Nuova sinistra”, erede della miglior tradizione ulivista degli Anni Novanta, non sia l’ennesimo contenitore velleitario per “pochi intimi”, abbia invece il coraggio di proporre e l’ambizione di realizzare “Giustizia e Libertà”.