“Lei rifarebbe la Svolta della Bolognina?”. È questa la domanda che da oltre due decadi attanaglia la gente di sinistra del paese. Ricevente della questione è Achille Occhetto, allora segretario del Partito Comunista. Un nome che ha diviso più di tutti la storia dei post comunisti. Ma spesso, cicli e ricicli storici, il nome di Occhetto torna in auge e l’ultima polemica che lo coinvolge riguarda il vitalizio.
Occhetto in Parlamento dal 1976 al 2006
Occhetto ha lavorato in Parlamento per ben 30 anni (dal 1976 al 2006), equivalenti a 8 legislature. Per questo ha diritto al vitalizio che tanto fa arrabbiare ed indignare parte della popolazione: sono 5.860 euro netti. Per una cifra simile chiunque verrebbe messo alla gogna, specialmente colui che è ritenuto colpevole dello smembramento della sinistra.
Occhetto: “Col vitalizio mantengo due figli disoccupati”
Occhetto si difende, fa quadrato intorno ai soldi percepiti come vitalizio: “con questo mantengo anche i miei due figli che sono disoccupati, perché non ho mai approfittato del mio ruolo per trovare loro un posto”.
L’ultimo segretario del Pci continua: “la Costituzione vieta di rendere retroattive le norme. Io adesso come farei? – si chiede – Quei soldi mi servono per vivere e mantenere i miei familiari. Piuttosto, andate a controllare chi si è arricchito ingiustamente”. Ma ad Occhetto è rimproverato come anche la moglie è titolare di un vitalizio: 3.791 euro mensili. Occhetto, spalle al muro, non ci sta: “in una famiglia ci sono tante spese e tante situazioni che non potete conoscere. Per cosa volete mettermi alla gogna? È tutto secondo la legge”.
Ma il primo segretario del Pds, dopo aver spiegato all’intervistatrice di Libero, Elisa Calessi, il perché storico del vitalizio (“permetteva ai parlamentari di fare politica senza rubare, senza arricchirsi”), si dice “pronto a restituirli, ma – avvisa – vi assumete voi la responsabilità del fatto che finirei in povertà”. Lui e sua moglie: sì, perché Occhetto è pronto a tagliare il proprio vitalizio ed addirittura quello della coniuge”.
Daniele Errera