Daniele Pasquini, autore dei romanzi Io volevo Ringo Starr e Le rockstar non muoiono mai, si aggiudica il tris con Intermezzi Editore pubblicando il suo ultimo romanzo: Ripescati dalla Piena.
Un lavoro in cui quella che oggi viene definita “generazione mille euro” viene dipinta limpida e sincera, sotto nessuno schermo protettivo, nel bene e nel male. Specialmente si parla di quelli che giovani lo sono stati in provincia, “protetti” dai confini di una realtà dilatata da tempi e questioni distanti dal grande movimento metropolitano. Quelli che crescendo hanno sempre pensato di evadere il microcosmo provinciale che soffoca e stringe ma che, in buona parte dei casi, non si abbandona mai veramente. Quelli che per ambizione si son fatti le spalle larghe e infine dalla provincia sono usciti ma con un bagaglio di cose da dimenticare troppo pesante da portare con una mano sola.
La provincia che abitano i protagonisti del romanzo di Pasquini, Ripescati dalla Piena, è una provincia geograficamente molto ben definita. Si parla delle zone nascoste dalla rinomata Firenze, delle campagne semi disabitate, dei paesini che seguono l’Arno e sono spezzati dai binari della ferrovia. Metaforicamente, invece, la provincia è il piccolo spazio di mondo in cui tutti nasciamo, il senso di “piccolezza” con il quale ci ritroviamo a fare i conti una volta scoperto che i nostri sogni sono generalmente troppo più grandi delle nostre possibilità. I ripescati dalla piena siamo noi quando risaliamo la corrente nonostante i nostri piccoli mezzi; quando la nostalgia ci riporta verso casa; quando l’ardore, l’ambizione, la follia ci danno la spinta per allargare i nostri confini oltre la provincia, quel cerchio chiuso che ciascuno di noi ama in quanto “zona di sicurezza” e dal quale ognuno di noi ha sperato almeno una volta di scappare.
Così nel romanzo personaggi come Vanessa, il Profe, il Dott. Baldanti raccontano, ognuno secondo il linguaggio dettato dalla propria personalità, i loro percorsi attraverso la provincia. Storie di crescita, di amori, di sbagli, di crescita. Racconti brevi che a volte vengono ripresi per un secondo capitolo, racconti differenti con l’agilità che Daniele Pasquini dimostra nel dar voce a soggetti molto distanti fra loro. Racconti leggeri seguendo una scrittura che procede limpida e frizzante mentre le tematiche suggeriscono persino un singhiozzo fra una pagina e l’altra. Nella sincerità del romanzo, infatti, si ritrovano umani sentimenti che vorremmo cancellare, stereotipi di una massa – specialmente quella legata alla politica – che vorremmo accettare come caricaturali e che invece sono più che reali. Sarà che ci trasformiamo in “macchiette” di noi stessi ogni volta che vogliamo ripudiare qualcosa che ci appartiene e ci contraddistingue. Sarà che, in una società in cui la parola d’ordine è individualismo e non individuo, l’essere singolo e unico è una fatica, non un merito.
Daniele Pasquini con Ripescati dalla Piena crea personaggi unici che, allo stesso tempo, ci assomigliano incredibilmente. In apertura al romanzo c’è una citazione ripresa da uno dei brani di una band che si chiama L’Orso: “cosa mi racconti? Lavori? Nuovi amori? O ci siam disillusi? La Provincia ci ha uccisi”. Su L’Orso ho avuto modo di scrivere che si tratta di “una band di menestrelli che parla alla gente della gente, motivo per cui le storie reggono e non annoiano, perché ci piace sentirci parte di qualcosa, perché ci piace sentir parlar di noi”. L’effetto e le motivazioni sono le stesse che rendono Ripescati dalla Piena una lettura attualissima, coinvolgente, amabile.
Giulia Di Clemente