“La Piovra? Un male per il paese”. Parola, di qualche anno fa, di Silvio Berlusconi, allora premier. Non sembra, però, che il suo pensiero riguardo le fiction sui conflitti sociali, come quelli sulle mafie, sia cambiato. Portano solo una cattiva impressione sul Belpaese, sostiene. Ed oggi torna alla carica.
Presentandosi come “primo imprenditore culturale d’Italia”, Berlusconi accusa “la televisione pubblica di fare pubblicità alla mafia. Questo noi (‘noi’ inteso come il gruppo televisivo di cui è proprietario) non lo facciamo, ma esportiamo i film. Noi facciamo fiction per promuovere l’Italia”. Un pensiero già sentito da parte dell’ex Cavaliere: parlare delle organizzazioni criminali non promuove la figura dell’Italia, declassata, invece, a Stato del far west e della macro criminalità. Un pensiero totalmente opposto da quelli di alcuni uomini che hanno fatto famosa l’antimafia ed hanno sacrificato la propria vita in onore della legalità. Paolo Borsellino ad esempio: “parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”, soleva dire il magistrato palermitano. Perché era importante, fondamentale che la popolazione (tutta) sapesse dei problemi, delle deviazioni della società.
Daniele Errera