Che il dibattito parlamentare sarebbe avvenuto in un clima particolarmente concitato era, a dire il vero, ampiamente previsto. Ma le fibrillazioni che hanno accompagnato in Senato l’approvazione del decreto legge lavoro (158 voti a favore contro 122 contrari, con voto di fiducia – a dimostrazione della rilevanza cruciale che esso ha assunto per il governo) sono state ben superiori alle aspettative. Le proteste più animate sono arrivate dai banchi del Movimento Cinque Stelle, i cui senatori – indossando magliette con scritto “schiavi mai” – si sono ammanettati in Aula, provocando l’ira del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (che presiedeva la seduta), il quale ha minacciato di poter disporre persino l’arresto dei senatori in questione. La simbologia “carceraria” che ha caratterizzato la protesta dei pentastellati si riferisce soprattutto agli elementi di costrizione e alla totale assenza di garanzie per i lavoratori che questo decreto introdurrebbe. Più tardi, infatti, lo stesso Vito Crimi, già capogruppo in Senato del M5S, spiega all’Ansa che le manette sono “il simbolo del dl lavoro, un provvedimento simbolo della schiavitù moderna che rende schiavi i lavoratori precari”.
Alle critiche feroci dei grillini si sono accompagnate quelle, decisamente più pacate, sono arrivate anche dal gruppo di senatori di Sinistra Ecologia e Libertà, il cui capogruppo Loredana De Petris afferma che questa legge “smantella ogni residuo diritto dei lavoratori e condanna al precariato a vita”. Non è mancato poi il disappunto di Forza Italia e Lega Nord, mentre appare unito il gruppo del Pd, in cui il decreto è stato votato anche dai senatori dell’ala sinistra che nelle ultime settimane non avevano lesinato interventi critici rispetto alla maggioranza renziana del partito.
Il ddl lavoro, intanto, ha già suscitato le ire dei sindacati, in particolar modo quelle della Cgil, il cui rapporto con Renzi nelle ultime settimane non è stato certo idilliaco, per usare un eufemismo. E proprio dal congresso del più grande sindacato italiano, che si sta tenendo in queste ore a Rimini, il ministro del lavoro Giuliano Poletti (la cui provenienza dal mondo delle “coop rosse” potrebbe rappresentare un punto di incontro tra il governo e il sindacato guidato da Susanna Camusso) assicura che il decreto riuscirà ad essere definitivamente approvato alla Camera entro il tempo limite, fissato al 19 maggio.