Reverse charge, Ue boccia norma sull’Iva Grana da 730 milioni per il Governo Renzi
La norma del Governo sulla cosiddetta ‘reverse charge‘ sull’Iva provoca una sonora bocciatura all’Italia da parte della Commissione Europea. La norma del Governo Renzi, che ha provocato a suo tempo le proteste delle imprese, non sarebbe infatti in linea con l’articolo 395 della direttiva comunitaria sull’Iva. Dopo la grana sulle pensioni conseguente alla pronuncia della Consulta il Governo Renzi si trova alle prese con una decisione che avrebbe un impatto di circa 700 milioni di euro sulle casse dello Stato.
Cosa si intende per ‘reverse charge’? Si tratta di diverso meccanismo di applicazione dell’Iva. Un’inversione contabile: consiste nel far sì che l’acquirente paghi l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, non più al fornitore ma direttamente allo Stato.
Motivi della bocciatura
Per la Commissione, “non c’è evidenza sufficiente che tale misura contribuirà a contrastare le frodi”. Ed è inoltre dell’opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati”. A parlare è il portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici nella persona di Vanessa Mock.
“Bruxelles – recita la nota inviata al Consiglio – ha sempre avuto un approccio cauto, per assicurare che le deroghe non vadano a minare l’operatività del sistema Iva generale, che siano limitate, necessarie e proporzionate. Ogni deroga al sistema del pagamento frazionato non può quindi essere che una misura d’emergenza e ‘ultima ratio’ in casi provati di frodi, e deve offrire le garanzie sulla necessità ed eccezionalità della deroga, la durata della misura e la natura dei prodotti. La procedura di ‘reverse charge’ non deve essere usata sistematicamente per mascherare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato”.
La Commissione “ha motivo per dubitare che un’applicazione indistinta e globale della ‘reverse charge’ a un alto numero di prodotti, in questo caso destinati essenzialmente al consumo finale, potrebbe essere considerata una misura speciale prevista dall’articolo 395 della direttiva sull’Iva”.
Inoltre, la Commissione “ha seri dubbi che la misura avrebbe l’impatto positivo che si aspettano le autorità italiane”.
Smentita possibilità aumenti benzina
“C’è il fermo impegno del governo a non fare scattare la clausola di salvaguardia” ed il riferimento alla possibilità di aumenti sul costo della benzina. Non scatterà dunque, stando alle notizie che filtrano dal Ministero, l’aumento delle accise sui carburanti, previsto come clausola di salvaguardia a partire dal 30 giugno, per coprire il no europeo alla reverse charge Iva.