Grecia: Atene ammette di non poter pagare il debito con l’FMI; mentre Tsipras perde consenso si avvicinano default e uscita dall’Euro.
Le parole di Voutsis
È stato il ministro dell’Interno greco Nikos Voutsis a lanciare l’allarme. Intervistato dal canale televisivo MEGA ha dichiarato che la Grecia non ha i soldi per pagare le 4 rate (1,6 miliardi di Euro complessivi) dovute al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Voutsis ha detto, letteralmente, “questi soldi non ce li abbiamo”.
Anche se il ministro non è nuovo a simili provocazioni, d’altra parte non è la prima volta che si sentono arrivare da Atene segnali di questo tipo (salvo poi scoprire che le casse dello Stato contenevano ancora qualcosa), stavolta pare sia arrivato il tempo di dare una svolta alla situazione: o si trova un accordo o, inevitabilmente, a giugno ci sarà il default.
Il terzo salvataggio
L’eurogruppo concederà alla Grecia un prestito-ponte all’inizio di giugno? Se sì, arriveranno nelle case elleniche poco meno di 3,6 miliardi di euro, la metà (7,2 milioni di euro) di quanto pattuito con l’accordo del 20 febbraio, perché l’FMI sicuramente non stanzierà la sua quota (circa il 50%), visto il debito pubblico greco e le resistenze che il governo di Alexis Tsipras oppone alle riforme richieste dai creditori.
I 3,6 miliardi allontanerebbero lo spettro del default fino ad Agosto, quando si ripresenterebbero scadenze pesanti (verso la BCE quella più sostanziosa). Solo un paio di mesi in più ma che permetterebbero al governo Tsipras di sedersi a un tavolo negoziale con FMI, BCE e UE senza l’assillo della liquidità. A quel punto, però, bisognerebbe concordare un “terzo salvataggio”, per una cifra di circa 50 miliardi di euro, per dare un po’ di sollievo (18-24 mesi) alle casse greche. Missione quasi impossibile vista la distanza su temi importanti (lavoro, pensioni, IVA) tra governo di Atene e Bruxelles.
Contagio e Grexit
Gioca a sfavore della Grecia la convinzione ormai diffusa tra i governi che il default di Atene non sarebbe poi una “catastrofe”. L’80% dei 322 miliardi di debito greco si trova nelle mani di FMI, BCE e UE, il resto in quelle di banche e privati ellenici: insomma, se la Grecia fallisse e dunque uscisse dall’Eurozona, farebbe male solo a se stessa.
Certo, l’ha evidenziato anche il ministro delle Finanze Varoufakis, la conseguenza politica di una Grexit potrebbe essere lo sfaldamento della moneta unica: gli investitori temendo l’effetto domino potrebbero prendere di mira paesi come Italia e Portagallo che, dal canto loro, hanno acquistato ben altra credibilità rispetto alla Grecia.
Comunque sia, sarà fondamentale la decisione della BCE sui prestiti di emergenza alle banche greche di dopodomani: se i fondi ELA verranno aumentati il sistema bancario greco reggerà in attesa dell’esito delle trattative, invece, se non verranno aumentati o verrà concesso solo uno sconto sulla liquidità erogabile, partirà il conto alla rovescia verso il default.
Secondo un recente sondaggio dell’Università di Macedonia, solo il 35% dei greci ritiene che la strategia del governo si quella giusta (a febbraio erano il 72%). Il 61% degli intervistati ritiene che il governo debba cedere terreno rispetto alle promesse pre-elettorali.