Sondaggio Demos per Repubblica: le mappe di Ilvo Diamanti mostrano come l’ascensore sociale abbia invertito il suo funzionamento. La società “scivola” verso il basso mentre cresce l’incertezza sul domani.
L’ascensore sociale è divenuto un discensore e la società italiana scivola verso il basso, così si potrebbe sintetizzare il sondaggio politico Demos pubblicato dal quotidiano la Repubblica, oggi 25 maggio. Gli anni della crisi hanno praticamente distrutto i sogni ed il mito del grande ceto medio che ora si guarda indietro e si sente molto più vicino alla classe operaia e popolare. L’autore delle Mappe, Ilvo Diamanti, sulle pagine del quotidiano esprime con queste parole il suo concetto: “il problema è che, al di là della “condizione”, misurata dalle statistiche socioeconomiche, il declino ha colpito, in modo sensibile, anche la “percezione”. Ha, cioè, modificato sensibilmente il modo di guardare la realtà intorno a noi e di rappresentare, anzitutto, noi stessi.
Come si è detto in altre occasioni, l’ascensore sociale, in Italia, si è bloccato. E gran parte degli italiani ha smesso di attendere che riparta. E oggi è, invece, impegnata a frenare, se non a bloccare, la marcia del “discensore sociale”. Dal quale sono in molti, la maggioranza, a sentirsi trasportati, meglio: trascinati. Verso il basso. Ma la percezione delle cose e di noi stessi è difficile da modificare. Molto più della realtà stessa.
Il primo grafico mostra l’andamento delle risposte alla domanda semplice ma essenziale, “Lei personalmente a quale classe sociale ritiene di appartenere?”
Nel 2006, quindi prima dell’inizio della crisi, il 53% delle persone dichiaravano di sentirsi appartenenti al ceto medio, il 40% alla classe operaia e ai ceti popolari e il 6% si sentiva incluso nella classe dirigente e nella borghesia. Oggi, nove anni dopo, il quadro è radicalmente cambiato: più di un italiano su due dichiara di ritrovarsi nella classe popolare e solo il 42% sostiene di essere nella classe media. Praticamente i trend sono quasi speculari: un dato cresce del 12%, l’altro diminuisce dell’11%.
Sondaggio Demos: le professioni del ceto popolare
Aumentando la specificità, è possibile analizzare quali professione, secondo il campione intervistato, facciano parte del ceto popolare. I raffronti sono effettuati rispetto all’anno 2008. Si sente incluso in questa categoria l’80 % degli operai (+4%), il 31% dei tecnici, impiegati e funzionari (+7%), il 19% dei liberi professionisti (+3%) e addirittura il 67% delle casalinghe (+18%, categoria con la maggiore variazione) e il 54% dei pensionati (+3%). Il Presidente dell’Istituto Demos spiega l’operaizzazione delle “casalinghe” con due cause principali: costituiscono figure deboli nel mercato del lavoro, ma soprattutto è proprio su di loro che si scaricano i problemi che investono la famiglia. Diventano, così, contemporaneamente specchio e moltiplicatore della crisi sociale ed economica.
Sono presenti sostanziali differenze se si filtrano i dati in base al genere? Anche in quest’analisi si possono notare importanti mutamenti, tra l’altro già preannunciati dal dato precedente sulle casalinghe. Attualmente tra quelli che si dichiarano alla base della piramide sociale, le donne sono il 6% in più rispetto agli uomini, 55% vs 49%. Se torniamo al 2008, invece, la situazione era molto più equilibrata e capovolta il quanto gli uomini erano il 46% e le donne il 45%. Come logica conseguenza varia la situazione anche all’interno del ceto medio. Si partiva da una situazione di perfetta parità, 48%, ma oggi si può registrare che la diminuzione è maggiore di 4 punti all’interno della categoria femminile.
Sondaggio Demos per Repubblica: cresce l’incertezza nel futuro
Alla luce di tutto questo gli italiani ritengono sia inutile in questa fase storica fare progetti a lungo termine per sè o per la propria famiglia. Insomma sono forti le incertezze e il pessimismo sul futuro. Quest’opinione è condivisa da quasi 6 italiani su 10. Un fattore determinante per questa percezione negativa è sicuramente l’instabilità lavorativa. Nell’ultimo anno, metà delle famiglie hanno visto qualcuno perdere il lavoro o cercarlo senza esito. Scandagliando le varie categorie, questa percezione negativa tocca il suo massimo nella classe operaia/popolare 63% ma resta comunque superiore al 50% anche nelle altri gruppi sociali.