Riforma partiti: proprio oggi arriva dal Partito Democratico una proposta per attuare più concretamente un articolo molto importante della Costituzione italiana che spesso viene tirato in ballo dai nostri politici, l’articolo 49, il quale dispone che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La proposta di legge è stata depositata dal Pd sia alla Camera che al Senato, mentre sempre oggi al Nazareno in conferenza stampa ne sono stati illustrati i punti principali come il riconoscimento per i partiti della personalità giuridica.
Alla conferenza tenuta nella sede romana del Pd erano presenti il vicesegretario Lorenzo Guerini, il presidente Matteo Orfini, il responsabile Formazione Pd Andrea De Maria e il deputato Nico Stumpo. Proprio Guerini, in relazione all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – prevista dal decreto 149 del 2013 -, ma anche all’Italicum, ha parlato dell’importanza e “necessità che i partiti siano sempre più trasparenti e che diano garanzie sotto il profilo della democrazia interna”. Per questa ragione il Pd – che vede questa riforma come complementare a quella della legge elettorale e un contrappeso ad essa – pone come cardine della proposta il riconoscimento della personalità giuridica di un partito come precondizione per la presentazione delle liste elettorali. “È una proposta di tutto il Pd ed è evidente – ha precisato il vicesegretario – che dovremo confrontarci con le altre forze in Parlamento: è un passaggio politico rilevante, che speriamo vada in porto in tempi rapidi“.
Cosa prevede la proposta di legge
Secondo l’atto depositato oggi dal Pd i partiti dovranno dotarsi di atto costitutivo e statuto sotto forma di atto pubblico e, a seguito della verifica da parte della Commissione di garanzia prevista dalla legge n.96 del 6 luglio 2012, la personalità giuridica sarà acquisita dopo l’iscrizione al registro nazionale dei partiti. Nel testo c’è anche una delega al governo: essa prevede la redazione di un testo unico per il coordinamento normativo della materia e per lo svolgimento delle campagne elettorali, nonchè una regolamentazione della comunicazione politica, agevolazioni per i candidati, rendicontazione delle spese, attività di controllo e sanzioni. “E’ una sfida a quelle forze politiche che discettano di democrazia senza applicarla al proprio interno – ha dichiarato il presidente Matteo Orfini – verificheremo in Parlamento chi ha davvero voglia di rendere il nostro sistema più trasparente e democratico. Oggi dimostriamo la capacità del PD di costruire unità. Sfidiamo le altre forze a dimostrare coerenza, non i proclami.” E anche sul tema trasparenza Orfini dimostra di non aver niente da temere: “Al nostro interno ci sono le caratteristiche di trasparenza e democrazia. Se tutti fossero come PD non ci sarebbe bisogno di una legge“.
Intanto il Pd chiude il bilancio in attivo
Rimanendo sempre in tema Pd, sembra proprio che il partito di centrosinistra chiuderà i conti del 2014 in attivo. Tale “surplus” sembrerebbe aggirarsi intorno ai 20-30mila euro, una cifra che prova a far dimenticare le pesanti perdite degli anni scorsi (7,3mln nel 2012 e 10,8mln nel 2013) e che è stata raggiunta grazie alla “spending review” imposta dal tesoriere Francesco Bonifazi. Egli ha infatti tagliato le spese correnti di quasi il 60%, ma senza intaccare il livello occupazionale e quindi il personale. Le voci che hanno invece subito delle ingenti restrizioni sono i contributi alle sedi locali (ridotti di circa il 50%), i servizi e le forniture (sforbiciati di circa 1 milione), i rimborsi per viaggi, vitto e alloggio (meno 300mila euro circa), gli affitti con la disdetta di due sedi a Roma, le consulenze e collaborazioni (circa 600mila euro in meno, pari al 50%) e la campagna elettorale (3 milioni il costo delle ultime europee contro i 13,5milioni del 2009). Sul fronte delle entrate per il Pd c’è sempre la quota di finanziamento pubblico, anche se in diminuzione per effetto delle nuove disposizioni legislative: i fondi pubblici sono passati infatti da 24,7 milioni a 14 milioni negli ultimi due anni. Nel 2017, come noto, il contributo pubblico ai partiti non esisterà più.