ESCLUSIVA Dieci domande a Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e tra i più amati d’Italia
L’anno scorso conquistò la poltrona di sindaco di Bergamo “sottraendo voti a Forza Italia“. Oggi il sindaco del comune orobico Giorgio Gori fa un bilancio del suo primo anno.
Sindaco dal 2014 nel 2015 è già salito sul podio dei sindaci più apprezzati d’Italia. Quali sono gli ingredienti convincenti della ricetta Gori?
Diffido delle classifiche. Ricordo sempre che il sindaco di Pavia, che l’anno scorso era primo per gradimento, non è stato neppure rieletto. E comunque non esiste una ricetta. Ho una buona squadra e in questi mesi abbiamo lavorato tanto, tutti, senza risparmiarci, senza rinviare a domani quello che – con un po’ di fatica – potevamo fare il giorno stesso.
Arriva alla politica dopo un percorso professionale ‘atipico’ sia per un politico che per un amministratore: vantaggi e svantaggi che ha avuto modo di rilevare visto il suo background ?
Governare un ente pubblico non è ovviamente come dirigere un’impresa privata. E’ tutto più complicato, più lungo e più farraginoso. Ma le persone sono persone e anche il Comune è una macchina fatta di persone, da spronare e da valorizzare per ciò che ognuno può fare di buono. Quel poco di esperienza che ho maturato in passato torna quindi utile anche qui. Serve visione, perché le energie di tutti vengano spese nella stessa direzione, capacità di tirar fuori il meglio da ciascuno e molta determinazione per arrivare alla “delivery”, al risultato finale di ciascuna azione amministrativa.
Dia un giudizio dell’operato del Governo Renzi. E ci dica dall’osservatorio di chi amministra cosa manca per un migliore raccordo tra enti locali e Governo?
Penso bene del Governo Renzi. Il nostro primo ministro ha coraggio, capacità innovativa e tenacia nel perseguire i risultati. Credo che se non avesse ‘pescato’ Renzi l’Italia sarebbe oggi in una situazione decisamente più complicata. Ovviamente ne vedo anche i limiti, e tra questi un rapporto non soddisfacente con gli enti locali e, più in generale, con i territori. La forte personalità del premier rischia di condurre ad un nuovo centralismo, che trascura le potenzialità dei territori – e che anzi li indebolisce – non comprendendo che proprio nella compattezza dei sistemi territoriali – determinata da enti locali, imprese, università, camere di commercio, strutture sanitarie, centri di ricerca, banche di territorio – risiede la forza del nostro Paese. Lo dico da sindaco del capoluogo di una provincia che, nonostante la crisi, è la seconda per specializzazione manifatturiera in Europa, e che grazie a questo mix di forze ha fatto crescere il terzo aeroporto italiano, un’eccellente università e importanti parchi di ricerca tecnologica. Il governo dà l’idea di non cogliere questa dimensione.
Partito Democratico: in passato si è parlato di lei come dell’uomo che ha architettato l’evoluzione renziana del Pd. Voci a parte cosa pensa dei mutamenti oggettivi che stanno riguardando i democratici. Come commenta le uscite di Cofferati, Civati forse a breve seguiti da Fassina?
L’evoluzione renziana è stata architettata da Renzi, non certo da me. Io l’ho solo sostenuta con convinzione, desiderando con forza che in Italia si affermasse una grande forza riformista, moderna e interclassista. La leadership di Renzi ha reso possibile un’evoluzione della sinistra che in altri Paesi si è legato ai nomi di Bill Clinton o Tony Blair. E’ normale che non piaccia a tutti, soprattutto a chi è legato ad un’idea più tradizionale e identitaria. Continuo però a sperare che il confronto possa continuare all’interno del partito, e non debba dar luogo ad ulteriori frazionamenti. Ma non sono sicuro che andrà così.
Scuola, condivide il metodo Renzi ed il modo in cui a tratti sembra sfidare le controparti come sta succedendo rispetto all’opposizione dei sindacati?
Non mi pare affatto che Renzi si diverta a sfidare i sindacati, a meno che non si definisca ‘sfida’ il non sottostare passivamente alle richieste o alle pressioni che vengono dai sindacati. La riforma è certamente migliorabile, ma ho qui l’impressione che ogni innovazione venga avversata per principio, anche quando accompagnata – come in questo caso, dopo anni di tagli – da un rinnovato investimento nel sistema della formazione.
Cosa c’è nel suo futuro politico? Dopo il sondaggio sui sindaci ha scritto “testa bassa e pedalare”: quali i prossimi obiettivi e qual è l’orizzonte politico in cui continuerà a muoversi?
Faccio il sindaco da meno di un anno. Se pensassi già ad un diverso traguardo politico sarei un matto. Vado avanti e pedalo, qui c’è ancora un sacco di roba da fare.
Elezioni regionali: si vota in sette regioni. Si sente di fare un pronostico o almeno un commento sulla campagna elettorale in corso?
Non mi avventuro in previsioni. La sola lettura di giornali – ed io non ho altra fonte – non consente di capire davvero cosa sta succedendo in queste regioni. Non ho comunque dubbi che il PD ne uscirà nettamente confermato come primo partito.
Cosa pensa dell’affermazione e della crescita della leadership di Matteo Salvini? Programmi e proposte politici a parte le sembra, come cifra comunicativa, il dopo Renzi?
Salvini è sveglio e sufficientemente cinico per cavalcare a proprio favore le paure e gli egoismi di molti nostri concittadini. Lo trovo abile, ma limitato dai suoi stessi eccessi. Chi sceglie di farsi osannare dai militanti di Casapound si consegna ad essere comunque minoritario. Buon per Renzi. Meno bene per il Paese, che di una destra democratica e moderata avrebbe invece bisogno. Perché esista serve però un nuovo leader, capace di affrancarsi nettamente da Berlusconi, esattamente come fece Renzi nei confronti della vecchia nomenclatura del PD a partire dal 2011.
Expo: dai suoi commenti twitter dimostra di essere che orgoglioso della buona partenza dell’esposizione universale… cosa si sente dire a chi l’ha fortemente criticata e continua a farlo parlando di sprechi di denaro pubblico?
Non amo i disfattisti. Considero l’Expo una cosa positiva, per le dinamiche economiche che innesca e per la riflessione che sta suscitando – a tutti i livelli – sui temi dell’alimentazione e del diritto al cibo. Me ne rendo conto quando vado a trovare i bambini delle scuole elementari: tutti, sin dalle prime classi, sono coinvolti dall’occasione di Expo in un percorso di informazione e maggiore consapevolezza sul cibo. In più penso che l’Italia ne uscirà bene, a testa alta. Sia come Paese organizzatore sia come Paese del cibo di qualità.
Con riferimento all’informazione e alla produzione di contenuti Internet cambierà il mondo o l’ha già cambiato?
Lo ha già cambiato e lo cambierà ancora, anche se è difficile dire in quale direzione. L’informazione di base è diventata una comodità accessibile in qualsiasi momento, ma questo ci ha resi molto più esposti all’omologazione e alla superficialità delle notizie. Siamo esposti ad un infinità di stimoli informativi ma non è affatto detto che questo ci renda davvero più informati.