Dopo la sentenza della Consulta sul rimborso delle pensioni, il 23 giugno potrebbe essere un’altra difficile giornata per il Governo Renzi. Per quel giorno infatti è previsto il pronunciamento della Corte costituzionale sul blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e se i ricorsi dei sindacati verranno accolti per le casse dello Stato potrebbe aprirsi una voragine da 17-18 miliardi di euro.
Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici riguarda 3 milioni e 300 mila persone e fu deciso nel 2010 dall’ultimo governo Berlusconi. Nei suoi primi tre anni si calcola che abbia consentito allo Stato un risparmio di oltre 11 miliardi di euro. Il bloccò è stato in seguito prorogato dal governo Letta e lo stesso fatto Matteo Renzi, che con il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia ha prorogato il blocco anche per il 2015.
Contro il blocco hanno protestato fin da subito vari sindacati minori. I quali hanno fatto partire i ricorsi alla Corte costituzionale. Cgil, Cisl e Uil invece si sono mossi in maniera più prudente, anche se il 27 novembre scorso hanno fatto partire anche lori i ricorsi alla Consulta. Il 10 dicembre del 2013, presidente Gaetano Silvestri, la Consulta aveva respinto la prima ondata di ricorsi contro il blocco del 2010, ma lo ha fatto con una motivazione specifica: nella sentenza si legge infatti che la Corte avrebbe “ravvisato nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica, le condizioni per escludere la irragionevolezza delle misure in questione”. Eccezionale, quindi temporalmente limitato.
Ora la sentenza è attesa per il 23 giugno e potrebbe rischiare di minare i delicati equilibri del governo. Venerdì scorso il ministro dell’Economia Padoan, intervistato da ‘Repubblica’, ha sostenuto che la Consulta, nel prendere le sue decisioni, dovrebbe tenere conto degli equilibri di finanza pubblica e per il futuro si augura ‘una migliore interazione’ con l’Avvocatura generale dello Stato e il governo.
Il presidente Alessandro Criscuolo ha invece ribadito in un’intervista che il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio deve essere tutelato da altri poteri, a cominciare dall’esecutivo. “L’interazione tra poteri” non è prevista da nessuna norma e non può essere riferito a un potere di controllo come la Consulta, che deve restare separato.