Guatemala: (forse) si riparte da zero
Guatemala: 60mila persone scendono in piazza contro il Presidente Otto Perez Molina, accusato di essere il garante di un esteso sistema di corruzione.
Guatemala: le dimissioni di Perez Molina
Il mandato del presidente guatemalteco Oscar Perez Molina scade a gennaio 2016, tuttavia, in 60mila ancora una volta si sono riuniti in Plaza Mayor, luogo centrale di Città del Guatemala, per chiederne le dimissioni. Le proteste popolari – cominciate 5 settimane fa – hanno recentemente trovato il sostegno di due importanti istituzioni nazionali: l’Associazione degli avvocati e il Centro per la Difesa della Costituzione.
Anche Rigoberta Menchù, premio Nobel per la pace 1992, rilevando come Molina ormai non goda più di nessun consenso nel paese (secondo il quotidiano Prensa Libre, ad Aprile, solo il 32% dei cittadini approvava il governo e solo un guatemalteco su 10 credeva alle parole e agli atti del Presidente), ha dichiarato come le sue dimissioni siano fondamentali per il rinnovamento del paese. Molina è l’esponente di spicco nonché il garante di un sistema corruttivo diffuso a tutti i livelli istituzionali, questa l’accusa. “La continuazione del suo mandato impedirebbe lo svolgimento di indagini indipendenti” ha avvertito la Menchù.
Guatemala: ricominciare da zero
La crisi è scoppiata il 16 aprile, quando la Commissione Internazionale contro l’Impunità in Guatemala (CICIG) ha annunciato lo smantellamento di un’organizzazione criminale; furono spiccati mandati d’arresto per 21 alti funzionari, tra cui il segretario alla vice-presidenza (ritenuto essere il capo dell’associazione a delinquere nota come “La Linea”). Le indagini, durate un anno, hanno dimostrato l’esistenza di un sistema che permetteva di far passare alcuni prodotti (sostanzialmente droga) dalla dogana senza pagare i dazi previsti (tra maggio 2014 e febbraio 2015 sarebbero transitati illegalmente dalla frontiera almeno 500 container).
Le proteste hanno inizialmente investito il vicepresidente Roxana Baldetti, anche se il malcontento nei suoi confronti era diffuso già da molti mesi, cioè da quando aveva chiesto di non prorogare il mandato del CICIG (commissione indipendente nata da un accordo tra ONU e governo nel 2006), in modo da “lasciar spazio alle istituzioni nazionali nella lotta all’impunità”. La Baldetti ha rassegnato le proprie dimissioni l’8 maggio. Successivamente Molina ha fatto fuori 3 dei suoi 13 ministri; solo un provvedimento di facciata pensa la maggior parte del paese.
In effetti, quello della Baldetti non è l’unico caso di corruzione scoperto dal CICIG; dagli appalti truccati al traffico di droga non si salva quasi niente delle istituzioni nazionali. Intanto il 6 settembre si dovrebbe rinnovare il Parlamento. La Corte Suprema del paese ha inviato alla Camera una proposta di legge che prevede uno stretto controllo sui finanziamenti dei partiti e un limite massimo di mandati consecutivi per i deputati. La proposta vorrebbe giocare d’anticipo su una relazione riguardante i finanziamenti politici che a breve sempre il CICIG pubblicherà: il contenuto potrebbe essere tanto devastante da determinare una sospensione delle elezioni, in attesa di una nuova costituente.