Una analisi del voto delle regionali
Regionali: analisi del voto
Partiamo dal risultato: 5-2 non è un risultato malvagio per Renzi e il PD, ma non è certo una vittoria rispetto a quelle che erano le attese, soprattutto in relazione alla emorragia di voti rispetto a qualsiasi tornata precedente, che combinata alla forte astensione dà un segnale di allarme non politico ma prima di tutto sociale. Col senno di poi risultano chiare diverse cose, vediamole con ordine:
L’importanza della scelta dei candidati
Dove c’erano candidati forti (Emiliano, De Luca) il PD ha vinto. La Paita era un candidato indubbiamente debole, ha preso quasi 3 punti in meno della coalizione che la sosteneva.
Nemmeno Toti, candidato del centrodestra, poteva essere ritenuto un candidato imbattibile. Anche lui ha subito la stessa sorte, anzi è andato un pochino peggio, visto che ha preso oltre il 3% in meno della coalizione che lo sosteneva, ma ha avuto il vento leghista (sul quale torneremo tra poco) dalla sua. Era debole anche la candidata in Umbria, i segnali di allarme c’erano, in questo articolo Claudio Velardi aveva previsto con esattezza quello che sarebbe successo lì.
Il risultato della sinistra alternativa a Renzi
La coalizione di sinistra in Liguria ha ottenuto il suo obiettivo: far perdere la candidata del centrosinistra Raffaella Paita. Alcuni nostri osservatori hanno riscontrato molto voto disgiunto. Molti di quelli che hanno votato “Rete a Sinistra” hanno fatto disgiunto votando Toti. Pastorino è andato molto meglio delle liste che lo sostenevano prendendo voti solo per sé e non collegati a nessuna lista. Questo vuol dire che probabilmente ex elettori PD hanno votato solo Pastorino, non convinti dalla Paita, mentre molti elettori di sinistra radicale hanno fatto un voto intenzionale che aveva come obiettivo la sconfitta della Paita e del PD. Più in generale si è creato un clima di livore e di risentimento al di là di quelli che sono stati i demeriti della giunta Burlando. Questo anche grazie a una gogna mediatica (sostenuta da alcuni media e trasmissioni) a seguito delle alluvioni di Genova. Problemi per i quali Burlando non ha fatto male come alcuni raccontano, ma è passata questa narrativa. In ogni caso la sinistra, a parte la ripicca, non ne ha tratto giovamento.
Viene in mente una scena di uno dei capolavori del cinema ‘Il buono il brutto e il cattivo’ di Sergio Leone – quando Tuco il brutto viene circondato da cacciatori di taglie, e uno di loro dice “tu hai la faccia di uno che vale 2000 dollari”. A quel punto spunta Clint Eastwood, il buono, alle sue spalle e dice “sì, ma tu non hai la faccia di quello che li incassa”.
Ecco, il PD sarà anche circondato e disarmato, ma in tutto questo incassano il M5S e la Lega non certo la sinistra radicale di SEL Civati e Cofferati…
La differenza tra De Luca e Paita
Un problema simile a quello della Paita lo ha avuto De Luca in Campania dove la stessa gogna mediatica ha cercato di farlo passare come un criminale incallito e certificato.
In entrambi i casi la matrice della narrazione proviene da una parte della sinistra “giustizialista” e massimalista, che fino a 10 anni fa era la parte dominante del centrosinistra che sosteneva Prodi (che ricordiamo ottenne quasi il 50% alle politiche del 2006, ora si parla giustamente di enorme successo col PD “solo” al 41%). Di questi alcuni sono ancora nel PD (non si sa per quanto ancora), altri pochi sono rimasti nella sinistra radicale, altri sono finiti nell’astensione, ma il grosso è finito nel movimento 5 stelle.
Gli influencer maggiori di questa area restano (perché lo erano anche 10 anni fa) Santoro e Travaglio, ai quali si è aggiunto Scanzi ultimamente.
La differenza tra la Paita e De Luca si è vista nella capacità di reggere l’urto.
Questo video dimostra in maniera plastica la ragione della differenza di risultato, fate caso al rumore di tacchi che scandisce le parole dell’ex sindaco di Salerno, sembra quasi un colonnello in pensione.
Molti commenti a questo video dicevano “sarà anche stato ferito ma è un gran lottatore”.
Ci sarebbe voluto un “De Luca ligure” per vincere questa battaglia. La Paita non aveva la stessa forza, è bene che il PD lo capisca e se ne faccia una ragione.
Il successo della Lega
Il grande successo della Lega, viene confuso con pulsioni xenofobe quando invece il problema è un altro: la crescente micro criminalità.
Il vero problema ha il cardine nei furti negli appartamenti ai quali fanno da contorno gli scippi le aggressioni e le violenze, perpetrate anche alla luce del giorno.
Il loro incremento negli ultimi anni è notevole e la gente che li ha subiti non ne può più (qui un nostro articolo che parla dei furti in casa).
Tutti a pensare ai barconi (che è inutile negarlo insieme a veri rifugiati portano anche molti criminali, come se non ne avessimo già abbastanza qui), ma il vero problema è che la gente non si sente più sicura a casa propria, va a denunciare il furto nel proprio appartamento alla polizia e la polizia risponde “e che dobbiamo fare? Tanto pure se li arrestiamo quelli escono il giorno dopo”.
Escono per leggi fatte male e per un sovraffollamento delle carceri (rispetto ad altri paesi come la Francia noi abbiamo una capacità delle carceri molto minore in proporzione alla popolazione).
Queste risposte generano comprensibile rabbia, una rabbia montante e sorda, soprattutto perché un furto in appartamento è come una violazione della propria intimità e tocca corde profonde della paura e del risentimento.
Ma come è possibile tutto questo? Come è possibile che il Governo non ne parli?
Eppure è evidente che chi parla di tolleranza zero verso questi fenomeni ottiene successi elettorali. De Luca lo “sceriffo” per esempio si spende molto in questa direzione ed ha costruito il suo successo anche per questo. Le divertenti imitazioni di Crozza e i dileggi di Scanzi non hanno colto questo fattore essenziale, così come un po’ tutta la sinistra radical-chic. Quelli che vanno a rubare negli appartamenti non sono morti di fame e non sono “fratelli bisognosi”, sono criminali pericolosissimi e incalliti verso i quali dovrebbe esserci tolleranza zero ed una risposta molto molto forte. La Moretti è passata per una che proponeva alla gente di ospitare un extra comunitario in casa ed è stata severamente punita nelle urne. Il buonismo di facciata su questi temi di una parte della sinistra scatena soprattutto reazioni negative per la ragione più semplice di questo mondo: è sbagliato.
Quando non si vive sicuri nemmeno nelle proprie case il patto sociale fa fatica a tenersi in piedi.
L’impatto della riforma della scuola
La questione della riforma della scuola è stato un altro errore di valutazione di Renzi. Lui pensava probabilmente che regolarizzare 100000 precari gli avrebbe portato voti, insieme a questa cosa ha aggiunto una riforma dirigista che mirava a cambiare qualcosa nello stagnante sistema scolastico italiano.
Beh ha fatto male i conti. Il grosso del corpaccione della scuola rifiuta categoricamente di essere toccato e per sapere questo non era necessario fare un Focus Group, che avrebbe certamente evidenziato la risposta di “pancia” degli insegnanti, ma sarebbe bastato guardare la storia passata delle proposte di riforma della scuola stessa.
Sono oltre 30 anni che qualsiasi riforma si proponga gli studenti vanno in piazza e sempre più spesso con loro ci vanno anche gli insegnanti.
Questo oramai dovrebbe essere chiaro: qualsiasi sia la riforma proposta.
Gli studenti perché evitano un giorno scolastico, perché sono giovani e impulsivi ed hanno una visione del mondo incompleta ed infantile.
Gli insegnanti perché sempre più provengono da una cultura di proteste di piazza (dal ’68 in poi), che diciamolo sono momenti emozionanti per gli adolescenti e per chi li ha vissuti da adolescente, cose che un po’ ti porti dentro tutta la vita. Conosco più di una persona che vive come una droga il momento della piazza, della protesta, dell’essere tutti uniti e affratellati contro qualcuno a gridare slogan e cortei per “cambiare il mondo”. C’è un aspetto quasi ludico in tutto questo e probabilmente il fatto che nella scuola si sia fatto entrare chiunque avesse un pezzo di carta (leggasi qualsiasi laurea) attraverso sanatorie periodiche non ha aiutato.
La scuola è diventato un refugium peccatorum per tutti coloro non riuscivano a trovare la propria strada nella vita. Il vero ufficio collocamento italiano. Un ammortizzatore sociale.
Insieme a una parte del corpo docente che lo fa con passione ce ne è una parte, sempre crescente, di persone che lo fanno perché volevano un “posto”, uno stipendio.
Poi dicono che è faticoso insegnare anche solo 4 ore al giorno.
Sì, certo, per chi non è portato all’insegnamento ed è lì per tirare a campare è faticoso.
Ovviamente questi vorrebbero andare in pensione il prima possibile e hanno paura di qualsiasi cambiamento, come tutti quelli che inconsciamente si sentono precari dentro e pretendono che la certezza del proprio status provenga dalla legge e non dai propri meriti.
Questi di cui sopra sono quasi tutti elettori PD, esattamente come moltissimi pensionati baby e retributivi, protagonisti del più colossale furto di massa inter-generazionale della nostra storia.
Renzi avrebbe dovuto capirlo e avrebbe dovuto fare la sua inutile riforma questa estate, quando tutti questi sono al mare a fare i loro 2 mesi di vacanza pagata dallo stato.
Una vera riforma della scuola dovrebbe partire da un’altro presupposto: insegna solo chi ha l’attitudine per farlo, pochi, maledetti e pagati benissimo. Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale in una società, dovrebbero aiutare gli studenti, futuri cittadini, a trovare i propri talenti e le proprie attitudini naturali. Gli insegnanti dovrebbero sapere tutto dell’intelligenza emotiva e della maieutica, dovrebbero avere dei nervi di acciaio e una stabilità mentale fuori dal comune, e invece moltissimi di loro sono lì perché non sapevano cosa altro fare nella vita, hanno un posto fisso grazie a ripetute sanatorie, ed ora vivono nella paura di qualsiasi cambiamento, scaricando inconsapevolmente, e in buona fede, il proprio disagio interiore sugli studenti (chiedetevi perché sempre più famiglie mettono da parte i soldi per mandare i figli alle scuole private appena possibile).
In definitiva Renzi si trova davanti a delle difficoltà non insormontabili, ma che dovrebbe affrontare nella maniera giusta. Niente alchimie politiche, ingegneria partitica o di coalizione. Non c’è bisogno di particolari geometrie nelle riforme istituzionali, c’è bisogno di capire cosa c’è che non va davvero, quali sono le cause profonde che stanno minando il nostro patto sociale dall’interno. Quello che serve è un cambio di filosofia, di visione, non delle semplici riforme dirigiste. Serve investire in una crescita economica strutturale basata sul talento e sulle attitudini delle persone, non assistenziale e statalista, che come oramai è chiaro genera comunque infelicità ed insoddisfazione persino in quelli apparentemente più tutelati.