C’è uno spauracchio che agita il governo e prende il nome di “sblocco dei contratti del pubblico impiego“. E c’è una data che Matteo Renzi e compagni hanno segnato di rosso sull’agenda: 23 giugno. Sarà allora che la Corte Costituzionale dovrà decidere se bocciare o meno la misura che ha impedito il rinnovo del contratto degli statali negli ultimi 5 anni (fermi dal 2010). Dovesse arrivare la bocciatura per il governo, già provato dalla sentenza sulle pensioni, saranno dolori.
Una memoria dell’Avvocatura dello Stato quantifica l’onere della contrattazione di livello nazionale “per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico” intorno ad una cifra non troppo inferiore a 35 miliardi, con “effetto strutturale di circa 13 miliardi annui dal 2016“. Inoltre l’Avvocatura nella parte iniziale della memoria precisa come “in ogni caso le prerogative sindacali risultano salvaguardate e si sono estrinsecate, tra l’altro, nella partecipazione all’attività negoziale per la stipulazione dei contratti integrativi (Ccni), sia pure entro i limiti finanziari normativamente previsti e di contratti quadro”.
Poi, aggiunge, è rimasta in piedi la possibilità “di dar luogo alle procedure relative ai contratti collettivi nazionali, sia pure per la sola parte normativa”. Insomma, evidenzia, ciò dimostra come “un’intensa attività contrattuale sia stata svolta, anche in pendenza del nuovo complesso normativo, ed abbia riguardato sia la contrattazione integrativa che quella nazionale”.