Era il 31 marzo, solo qualche mese fa, ed era in corso nel carcere di Rebibbia l’interrogatorio dei pm a Salvatore Buzzi, il quale iniziava a far emergere elementi e punti di congiunzione tra criminalità organizzata e politica romana, i primi tasselli di Mafia Capitale: “‘nsomma, ho dato 30 o 40.000 euro a Marino, al suo comitato… Tutti tracciati… Ti chiamavano, le famose cene, “c’è una cena con Alemanno, 1.000 euro a persona”, tu prendevi un tavolo e ovviamente erano 10.000 euro. Ma noi ne abbiamo fatte, noi l’abbiamo fatte pure con Renzi la cena…”, confessa l’uomo delle cooperative svelando i meccanismi – non certo trasparenti – dei finanziamenti elettorali nel “range” della capitale.
I pubblici ministeri – che, lo ricordiamo, hanno arrestato Buzzi con l’accusa di associazione mafiosa, corruzione e altri reati – si sono poi “irritati” quando a un certo punto la conversazione si spostava sulla Sicilia ed arrivava al campo profughi di Mineo. Buzzi rispondeva lapidario e misterioso al contempo: “Su Mineo casca il governo”, esordiva, e chiedeva ai due magistrati di spegnere il registratore per poter continuare a parlare. Ma uno dei due, Giuseppe Cascini, gli rispondeva pronto e infastidito: “Queste sono frasi inutili. Noi facciamo un altro mestiere”. Buzzi, insistendo, proseguiva con un “Si metta nella mia posizione”, e continuava a far cenno ai pm di “spegnere il registratore”. A quel punto arrivava la risposta dell’altro magistrato, Michele Prestipino, netta e definitiva: “No guardi, io non ci penso minimamente. È vietato dalla legge. Forse lei non ci crederà ma ancora in questo Paese c’è qualcuno che segue le regole”.
Dal 31 marzo a ieri: Buzzi ha ribadito davanti al tribunale per le misure di prevenzione, riguardo lo scandalo cooperative che lo ha personalmente coinvolto che, seppur di corruzione si è trattato, essa ha riguardato “solo il 3% del fatturato della cooperativa, quindi poca cosa”. Buzzi ha poi ripreso le difese del boss nero Massimo Carminati, sostenendo che egli sia “una brava persona” che con lui “si è sempre comportato bene”.
Soldi delle coop per pagare gli stipendi al Pd
Intanto la maxi indagine “Mafia Capitale” continua ad arricchirsi di nuovi elementi, e ciò che rimane invariato è il coinvolgimento dei nostri politici. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera una parte degli stipendi del Pd romano sarebbe stata pagata proprio da Salvatore Buzzi con i soldi delle cooperative: si tratta delle retribuzioni del mese di settembre 2014, momento in cui c’è “il salto di qualità” nei rapporti tra la cricca Buzzi-Carminati e il Partito democratico della capitale.
Secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta dei pm, rapporti più “densi” con il partito del premier avrebbero in quella circostanza portato Carlo Cotticelli – il “cassiere” del Pd – a chiedere a Buzzi un assegno di 6-7 mila euro per colmare “il buco” delle casse del partito. Questa la nota degli investigatori: “Cotticelli spiegava che erano in estrema difficoltà, in quanto non erano riusciti a pagare gli stipendi di agosto e non sapevano cosa fare, quindi chiedeva a Buzzi se poteva aiutarli. Buzzi dava il suo assenso dicendo che avrebbe fatto un assegno, poi chiedeva a Cotticelli che tipo di ricevuta gli avrebbe lasciato, al che quest’ultimo rispondeva: “Ti lascio una ricevuta come Partito democratico di Roma”. Buzzi gli spiegava che la ricevuta serviva per metterla in contabilità, quindi dava disposizione di elargire subito l’importo richiesto da Cotticelli. Poi disponeva la compilazione di un assegno di 7.000 euro, tratto da un conto della “29 giugno” intestato a “Pd di Roma””. Questi “finanziamenti” poco trasparenti quindi, da quanto emerge grazie alle intercettazioni operate con una cimice dalle autorità investigatrici, erano una vera e propria prassi poichè, sempre secondo quanto riportato dal Corriere, Buzzi in un incontro dello scorso settembre con l’ex segretario del Pd romano, Lionello Cosentino, faceva riferimento alla sistematica consuetudine “del primo del mese” di pagare stipendi a pubblici ufficiali.
Mafia Capitale, si dimette il capogruppo Pd alla Regione Lazio
Ma non finisce qua: nominati nelle telefonate intercettate di Buzzi e, di conseguenza, toccati dalle indagini, sono anche il capogruppo del Pd alla Regione Lazio Marco Vincenzi (che in mattinata ha rassegnato le dimissioni e smentito quanto detto da Buzzi “Non corrispondono nel modo più assoluto a verità e sono destituite di fondamento, quindi, le affermazioni di Salvatore Buzzi su un mio presunto interessamento per far ricevere al municipio di Ostia 600mila euro o qualsiasi altra cifra”) – che sembra abbia fatto da tramite al fine di sbloccare alcuni fondi destinati al Campidoglio – e Manlio Cerroni, il proprietario della discarica di Malagrotta, che Buzzi accusa di aver corrotto il prefetto di Roma Pecoraro. Ma quest’ultimo si è difeso: “È solo fango, contro Cerroni ho emesso una interdittiva. E sono stato tra i primi a ostacolare il suo monopolio”.
Intanto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, è stato contestato in Aula al grido di “Dimettiti” e “Tutti a casa” dagli esponenti di M5S in Aula. Su twitter invece, il leader dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, ha lanciato l’hashtag #occupycampidoglio.
MafiaCapitale scandalo senza fine
Il Comune di Roma va resettato
i legami con la mafia recisi
il Campidoglio disinfestato
#occupycampidoglio
— Beppe Grillo (@beppe_grillo) 9 Giugno 2015