“E’ fatto assoluto divieto a ogni iscritto al Partito (tanto più se dirigente) fare considerazioni e analisi politiche generali autonome”. Recita così la prima delle nove regole stabilite – e pubblicate ieri sul proprio sito ufficiale – dal Partito Comunista. Obiettivo: istruire i militanti ad utilizzare “facebook ed ogni altro social-network”. D’altronde, si sa, in tempi di dilagante storytelling un tùit val bene un comizio e così anche il partitino massimalista guidato da Marco Rizzo ha sentito il bisogno di rinnovarsi e, soprattutto, di darsi un “regolamento” per affrontare le nuove sfide del marxismo-leninismo 2.0.
Il partito
La rinascita risale al gennaio 2014 quando una tre giorni congressuale ha decretato la formazione dell’ennesimo Partito Comunista, frutto di quel progetto scissionista iniziato nel 2009 con l’espulsione di Rizzo dal Partito dei Comunisti Italiani guidato da Oliviero Diliberto e proseguito con la formazione di “Comunisti-Sinistra Popolare”. Nella premessa dei Documenti Congressuali si legge che il “nuovo” partito si ispira “al marxismo-leninismo e all’esperienza della Rivoluzione d’Ottobre con piena convinzione e senso della storia”. Continuando a spulciare nel preambolo, si ritrovano passi in cui poesia e metafisica si intrecciano indissolubilmente. Come questo: “Il Social-comunismo è l’unica vera soluzione alternativa, ma per sconfiggere l’imperialismo, tanto degli USA, quanto dell’UE e degli altri paesi, il cui capitalismo è recentemente entrato in fase monopolistica, non basta la denuncia. La teoria rivoluzionaria deve trovare applicazione in una prassi altrettanto rivoluzionaria: il Partito Comunista è appunto lo strumento che unisce e organizza teoria e prassi”. Carlo Marx ne sarebbe orgoglioso.
Il decalogo
Oltre al divieto di esprimere “autonomamente” le proprie analisi politiche, all’interno del documento troviamo altre leccornie che sembrano essere scritte apposta per dare materiale a Spinoza e Lercio . Si va dal “vietato ‘taggare’ altri membri del Partito sempre su questioni politiche, storiche, filosofiche e culturali” al divieto di “usare bandiere o simboli del Partito nell’immagine del proprio account personale”, passando per le restrizioni sulla “pubblicazione di fotografie e filmati di manifestazioni del Partito” che “devono esser improntate alla massima efficacia propagandistica e consapevolezza politica dell’evento (cioè?, ndr)”. Chiude il decalogo una stringata ma essenziale disposizione: “Qualunque violazione verra’ da ora in poi deferita alla CCCG (Commissione Centrale di Controllo e Garanzia, ndr)”. Proprio quest’ultimo organo, composto da 5 membri e guidato da Guido Ricci, è chiamato a “vigilare sull’applicazione dello Statuto”. E – come recita l’articolo 15 dello Statuto rintracciabile nei Documenti Congressuali – “le sanzioni disciplinari sono articolate in: richiamo formale; sospensione temporale dall’organizzazione e/o dagli incarichi direttivi; espulsione; radiazione”. Insomma chi non segue i precetti del Comitato Centrale sul web, è fuori.
Le reazioni
Il popolo della rete, si sa, spesso manifesta cinismo e strafottenza. E talvolta, a ragione. Così dopo l’annuncio in pompa magna su facebook, i maligni si sono scatenati producendo commenti e cinguettii di genialità assoluta. Vediamone alcuni.
La contro replica è arrivata dallo stesso sito ufficiale del Partito che ha colto l’occasione per ribadire l’eterna lotta a fianco delle “classi subalterne” contro la borghesia e in particolare “l’idea borghese della libertà di critica” e “dell’autonomia dell’individuo”. Amen.
Giacomo Salvini