Raif Badawi: varie organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato la probabile imminente fustigazione del blogger saudita, programmata per venerdì 12 giugno davanti alla moschea Juffali a Gedda.
Raif Badawi: la sentenza
Raif Badawi, cofondatore del blog Saudi Liberal Network, è stato condannato, questa settimana, dalla Corte Suprema dell’Arabia Saudita a 1000 frustate e 10 anni di carcere, per aver oltraggiato l’Islam tramite mezzi informatici e apostasia. La sentenza ha confermato una precedente pronuncia del 2013 che aveva innalzato la pena inizialmente stabilita in 600 frustate e sette anni di carcere.
Nonostante le dure critiche della comunità internazionale, in particolare delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del Canada, nonché di un gran numero di organizzazioni per i diritti umani, le autorità saudite avevano eseguito la prima tornata di 50 frustate nel mese di Gennaio. Era stato disposto, infatti, che la sentenza fosse eseguita in 20 tornate da 50 frustate, ogni venerdì dopo la preghiera a Gedda.
Raif Badawi: le prime 50 frustate
In una lettera dal carcere, pubblicata sul settimanale tedesco Der Spiegel nel mese di Marzo, Badawi aveva raccontato come era riuscito a sopravvivere le prime 50 frustate, inflittegli dinnanzi a una folla di persone inneggianti a dio. Le frustate erano state inflitte con un bastone di legno chiaro, su tutta la superficie della schiena e le gambe, senza lacerare la cute ma lasciando dei chiari lividi.
Le successive 50 frustate erano state posposte per motivi medici, ma, a seguito della sentenza di questa settimana, si teme che la crudele punizione venga nuovamente eseguita.
Raif Badawi: le reazioni della comunità internazionale
Sdegnate le reazioni della comunità internazionale. Un portavoce del Foreign Office a Londra ha commentato con preoccupazione la conferma della sentenza, ponendo in luce le pressioni del governo inglese sulle autorità saudite in merito al caso di Badawi.
Joe Stork, vice-direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa di Human Rights Watch, ha commentato: “Le autorità saudite credono di essere sotto attacco, laddove Raif Badawi attende di essere fustigato pubblicamente solamente per aver espresso pacificamente la sua opinione. Tutti gli sforzi sauditi volti a migliorare il volto del paese a livello internazionale non sono in grado di minimizzare questo deprecabile messaggio di intolleranza”.
Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, ha fatto eco al messaggio di Stork, chiamando in causa i governi occidentali, colpevoli, secondo Luther, di applicare un doppio standard, avendo questi condannato con forza gli attacchi contro Charlie Hebdo, e, allo stesso tempo, mostrato indulgenza nei confronti di un regime alleato come l’Arabia Saudita.
Raif Badawi: la risposta del governo
La risposta del governo saudita non si è fatta attendere, avendo l’ambasciatore saudita a Bruxelles inviato, il 29 Maggio scorso, una comunicazione ai membri del Parlamento Europeo con la quale lamentava l’interferenza europea negli affari interni dell’Arabia Saudita.
Raif Badawi: il problema libertà di espressione
Quel che è certo è che non è la prima volta che le autorità saudite mostrano intolleranza nei confronti di chi si azzarda a criticare l’Islam e l’establishment religioso e politico. Il secondo cofondatore del blog Saudi Liberal Network, Souad al-Shammari, è stato liberato solamente in Febbraio, mentre il suo avvocato, noto per le denunce di abusi dei diritti umani tramite i social networks, starebbe ancora scontando la pena alla reclusione per un ammontare di 15 anni, riporta il Guardian.
Altri attivisti per i diritti umani a soffrire l’intolleranza delle autorità saudite sono Fadhil al-Manasif, condannato a 14 anni di reclusione, Mohammed al-Bajadi, condannato a 10 anni di reclusione, e Mohammed Fahad al-Qahtani, anch’egli condannato a 10 anni di reclusione.