“Se necessario sparare sui treni”. Così Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, interviene sulla brutale aggressione a colpi di machete avvenuta ieri, 11 giugno, poco prima delle 22.00, a danno del capotreno di un convoglio proveniente dall’Expo e diretto a Milano. A sferrare i colpi, un gruppo di giovani sudamericani legati ad una gang.
La dichiarazione di Maroni è arrivata stamattina con un tweet in cui il presidente lombardo ha chiesto di “mettere militari e polizia nelle stazioni e sui treni” e di non esitare a sparare “se necessario”. Sempre tramite Twitter, Maroni ha poi legato l’aggressione all’immigrazione, sottolineando come in Italia ci sia “una gestione non degna di un Paese civile” di questo fenomeno.
I gravi fatti sono avvenuti nei pressi della fermata Villapizzone, alla periferia Nordovest del capoluogo meneghino. A scatenare la violenza degli aggressori extracomunitari, la richiesta da parte del capotreno di presentare i biglietti di viaggio. La violenza è stata tale che il ferroviere ha perso parte di un braccio. Aggredito anche un collega della vittima fuoriservizio, intervenuto in difesa del capotreno ricevendo colpi alla testa che hanno causato un trauma cranico.
Dopo la feroce aggressione col machete chiedo di mettere militari e polizia nelle stazioni e sui treni. Pronti anche a sparare se necessario
— Roberto Maroni (@RobertoMaroni_) 12 Giugno 2015
E così la cronaca diventa leva per rilanciare le posizioni del governatore lombardo sullo stop all’accoglienza agli immigrati nel suo territorio. Se nei giorni scorsi Maroni aveva parlato di tagli ai trasferimenti regionali per i comuni pronti ad ospitare migranti, in un’intervista di oggi a Repubblica dichiara la sua volontà di premiare “i comuni che non se li prendono”. Maroni ha sottolineato che «la Lombardia ha il più alto numero di immigrati regolari , 1,3 milioni, il 13 per cento della popolazione. La media nazionale è dell’8, siamo ben oltre la media». Auspica quindi che il governo tenga conto delle istanze portate avanti da Zaia e Toti, presidenti rispettivamente delle regioni Veneto e Liguria, perché il loro rifiuto di accoglienza non è legato al mero tornaconto elettorale, ma ad una preoccupazione reale, fondata sul fatto che “in un periodo di crisi molti di questi stranieri hanno perso il lavoro e così aumentano le tensioni sociali”. Come dimostrato dall’aggressione con machete delle ore recenti. Rispetto alla proposta di usare le caserme per l’accoglienza, Maroni ricorda a Repubblica che sul tema c’era già stata un’intesa tra conferenza regioni e governo nel luglio 2014. Già in quell’occasione, alcune Regioni avevano rilevato delle criticità che il governo non ha approfondito. “Serve un monitoraggio in tempo reale dei luoghi dove possano andare, mi sarei aspettato una verifica – prosegue Maroni – tutto ciò non è stato fatto, per cui adesso mi rifiuto, così è improvvisazione».
Ho fatto visita in #ospedale al capotreno ferito a #Milano a colpi di #machete. Vogliamo subito misure che impediscano simili drammi ST
— Roberto Maroni (@RobertoMaroni_) 12 Giugno 2015
Tuttavia, nel 2011, quando era Ministro dell’Interno, Maroni sosteneva che “nessuno può dire di no agli immigrati”. Questa posizione nasceva – a suo avviso – in una situazione molto diversa. “Adesso – afferma – la questione è più sofferta nelle comunità locali”.
Come far fronte dunque ai continui arrivi sul nostro territori di migranti? La soluzione di Maroni – si legge sempre nell’intervista a Repubblica – consisterebbe in un dialogo diretto tra Renzi ed il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Per Maroni occorre infatti mostrare “numeri alla mano, che c’è una crisi umanitaria senza precedenti nel Mediterraneo. Le Nazioni Unite devono fare un’operazione di life keeping, salvare delle vite, quel mezzo milione di persone pronte a partire. Sennò a cosa serve l’Onu?».