“Caro Fabrizio Barca, ti piacerebbe ricoprire l’incarico di vicepresidente della Regione Campania?”. La chiamata c’è stata, confermano fonti interne al Partito Democratico. Barca è stato contattato telefonicamente dai vertici del Pd, i quali hanno sondato la disponibilità dell’ex ministro per la coesione territoriale del governo Monti ad occupare la poltrona di vice-De Luca.
Il governatore in pectore della Regione Campania – la cui insediabilità a Palazzo Santa Lucia è seriamente minacciata dalla legge Severino – a proposito della composizione della sua futura squadra, aveva parlato di un vice “che vi farà sognare”. Quel vice però non sarà Fabrizio Barca, il quale ha gentilmente declinato l’offerta pervenutagli dai piani alti del Pd.
Alla base della scelta dell’ex ministro non ci sono pregiudizi personali nei confronti di Vincenzo De Luca. Barca considera l’ex sindaco di Salerno un uomo fondamentalmente “di destra”, fuori dagli schemi del Pd, ma comunque un ottimo amministratore.
Barca e “I luoghi ideali”
Il presente e il futuro di Fabrizio Barca è un altro e si chiama “I luoghi ideali”, progetto caro all’ex ministro che mira alla trasformazione del Pd in un “Partito-palestra” che, “raggruppando persone con interessi diversi attorno a un’idea comune di avanzamento sociale, consenta loro di partecipare luogo per luogo alla costruzione quotidiana delle politiche pubbliche e di incalzare lo Stato”.
Stamane, nella sala conferenze della sede del Pd al Nazareno, Barca ha presentato il risultato di 2 anni di lavoro, uno dei quali trascorso in giro per l’Italia alla ricerca di “prototipi” di partito da esportare. I progetti messi in cantiere sono stati 13: di questi, 9 si sono tradotti in esperienze positive, 4 sono falliti. Parma, Avellino, La Spezia, Cagliari, Catanzaro, Sibari Pollino, i circoli di Milano-Via Padova, Milano-San Siro e Roma-Donna Olimpia sono i “luoghi ideali” individuati da Barca e dal suo staff, fatto anche di tanti giovani volontari.
“Tra la società e lo Stato si è creato un vuoto che le organizzazioni di cittadinanza attiva hanno tentato di colmare. Ma ciò non basta, per questo servono i partiti”, ha affermato Barca nel corso della conferenza, alla quale hanno preso parte anche Sergio Staino e Matteo Orfini. Il Pd, secondo l’economista, “è in grado di compiere questo lavoro, e può farlo attraverso un rilancio della sua rete territoriale”, che però va sottratta “alle filiere di potere e ai capibastone”.
Il progetto di Barca ha come scopo quello di trasformare i circoli del partito in vere e proprie “unità di progettazione”, fuori dalla dimensione “talk show” alla quale sono da tempo relegati: vere e proprie “officine per l’attivismo territoriale” che promuovano e accompagnino “la capacità progettuale dei circoli territoriali” e la formazione sul campo della classe dirigente.
Secondo Barca, tutto questo passa attraverso una “piena attuazione dello Statuto del Pd” e, dove possibile, una sua modifica attorno a “tre pilastri”:
Conoscenza e partecipazione: regolare le primarie con l’albo degli elettori, far firmare ai candidati un programma minimo di intenti, fissare un tetto di spesa per ogni partecipante, “dare attuazione al dovere degli iscritti di partecipare attivamente alla vita democratica del partito”.
Un forte presidio nazionale: snellire la direzione del partito portando i suoi membri da 200 a non più di 15-20, introdurre il principio di incompatibilità dell’incarico di Segretario nazionale con quello di premier, vigilare sul rispetto del codice etico, introducendo nello statuto “un principio che riconosca come incompatibili con funzioni dirigenziali nel partito gli incarichi dirigenziali pubblici che non siano affidati con metodi aperti e democratici”.
Riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Per Fabrizio Barca l’attuale legge – introdotta dal governo Letta – “è orrenda e iniqua” perché “non frena, ma favorisce il peso del potere economico nel condizionamento dell’attività dei partiti” e va cambiata partendo dal documento Ignazi-Pizzimenti, che propone “un piccolo finanziamento fino a 30 milioni di euro legato ai risultati elettorali, un co-finanziamento legato al tesseramento” e il finanziamento di determinate attività ritenute di utilità pubblica.
“Bisogna superare la ridicola contrapposizione tra partecipazione e leadership, una delle ‘menate’ degli ultimi anni. La leadership senza partecipazione non ha conoscenza. Ma allo stesso tempo la partecipazione senza leadership non serve a niente, perché occorre comunque qualcuno che decida”, aggiunge Barca, che tra sei giorni presenterà i risultati del lavoro di mappatura dei circoli del Pd romano, ferito dallo scandalo di Mafia Capitale. Stando alle indiscrezioni trapelate sulla stampa negli ultimi giorni, il commissario del Pd di Roma, Matteo Orfini, potrebbe optare per la chiusura di tutti i circoli del VI municipio, usciti con le ossa rotte dall’inchiesta di Barca.