Da tre giorni il celeberrimo ‘segreto bancario’ elvetico non esiste più. Berna collaborerà con l’Ocse per lo scambio di informazioni bancarie, intraprendendo la ‘strategia del denaro pulito’. Ed un brivido scende lungo la schiena di coloro che portarono i soldi nelle banche della nazione alpina per evitare la tassazione nei paesi originari o per nascondere qualcosa di più.
Niente più prelievi, in contanti ovviamente. Sarà guerra, almeno legale: ed ecco che gli uffici di avvocatura elvetici vivono un momento di vitalità inattesa. Si susseguono denunzie per violenza privata e amministrazione infedele. Parla l’avvocato Paolo Bernasconi che rappresenta molti cittadini italiani coinvolti: “la Procura di Ginevra ha già respinto queste denunce, rammentando che l’obbligo imposto dalla banca di regolarizzare la situazione fiscale, non costituisce una minaccia illecita”. E’ il caos, ammette il legale parlando di ‘confusione’: “mancano direttive precise da parte della Finma, l’autorità svizzera di controllo sui mercati finanziari”. Continua: “tutta questa gente che chiede di poter effettuare prelevamenti in contanti lo fa per soddisfare esigenze di liquidità personali, famigliari e aziendali”.
La situazione sembra quella di anarchia. Da patria del segreto bancario e quindi meta di migliaia di correntisti (e dei loro ingenti capitali) a Paese che, come qualsiasi altro nel vecchio continente, intrattiene buono rapporti col fisco estero. L’Associazione Svizzera dei Banchieri resta ferma al palo, non volendo emanare nuove direttive, anche vista la contraddizione in seno alla giustizia elvetica: nel momento in cui Bernasconi si è rivolto alla giustizia civile, questa ha ordinato – contrariamente a quanto aveva fatto la giustizia penale – il prelievo di contanti.
Daniele Errera