La debolezza (e inefficacia) della nuova legge sul falso in bilancio
A soli due giorni dalla sua entrata in vigore, la nuova legge che reintroduce nel nostro ordinamento il reato di falso in bilancio, sembrerebbe già non essere efficace.
È questo l’allarme lanciato dalla Corte di Cassazione, la quale ieri, nell’annullare la condanna per bancarotta a 6 anni e 9 mesi inflitta all’ex sondaggista di Silvio Berlusconi, Luigi Crespi, ha sottolineato come la legge n. 65/2015 non riuscirebbe a punire nel concreto i casi conclamati di falso in bilancio, andando addirittura a recidere i processi in corso.
Falso in bilancio, i motivi della discordia
La legge in questione, rivendicata con orgoglio dal Premier Renzi e dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, era stata salutata dalle forze di maggioranza come un ritorno alla legalità e alla trasparenza, dopo il depotenziamento del reato voluto nel 2002 dall’allora governo di centrodestra di Silvio Berlusconi.
Ma per quale motivo una legge attesa per anni, una volta approvata, non dovrebbe funzionare? La risposta è nella mancanza, nel testo finale licenziato dal Parlamento lo scorso 21 maggio, delle parole “ancorché oggetto di valutazioni”, espunte da un emendamento dell’esecutivo votato lo scorso marzo.
Secondo le previsioni degli analisti, infatti, la mancanza di quest’inciso potrebbe avere delle conseguenze addirittura negative, tagliando fuori dal perimetro di punibilità i casi più frequenti di falso in bilancio.
Lo scorso primo aprile, sulle colonne del Corriere della Sera, si era sottolineato come, alla luce dei cambiamenti apportati dal governo, una legge dalla portata storica sarebbe stata potenzialmente inefficace, visto il buco evidente nella condotta-reato. Ma all’appello del quotidiano di via Solferino non ha fatto seguito alcun atto concreto da parte del governo, che ha voluto lasciare la norma così com’era.
In particolare, nel testo finale è prevista la pena per chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, esponga “consapevolmente fatti materiali non rispondenti al vero”. Tuttavia, rispetto al testo precedente, la formulazione “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” non è accompagnata dal successivo “ancorché oggetto di valutazioni”, presente invece nella legge sul falso in bilancio antecedente al 2002.
Sembrerebbe questo un passo indietro nella lotta contro la corruzione, e non si esclude che presto l’esecutivo debba nuovamente mettere mano alla legge per evitare di rendere vani tutti gli sforzi fatti sinora per combattere l’illegalità.