L’Italia e l’euro – Inflazione e tassi
In questo articolo intendiamo analizzare brevemente le implicazioni dell’adozione dell’Euro da parte dell’Italia, con particolare riferimento alle conseguenze sui livelli di inflazione e sulla dinamica dei tassi di interesse comportate dal passaggio da una moneta debole e persistentemente soggetta a svalutazione, come la Lira, ad una moneta forte, come la divisa unica europea.
Generalmente parlando, minore inflazione, cioè più stabilità di potere d’acquisto del denaro, significa ovviamente tutela del valore reale dei redditi fissi, cioè salari [Grafico 1], pensioni, canoni di locazione, ecc…); ma significa anche maggiore incentivo al risparmio, in virtù della relativa “solidità” della moneta accantonata; e significa soprattutto, grazie all’assenza di eccessive fluttuazioni dei prezzi, riduzione dell’incertezza riguardo agli investimenti di lungo periodo per gli istituti finanziari e per le imprese.
Grafico 1
Euro e mercato del credito
Proprio perché sui prestiti denominati in una valuta stabile gli operatori economici richiedono una remunerazione minore di quella richiesta sui prestiti denominati in una valuta che si deprezza, il passaggio all’Euro ha implicato per l’Italia un’enorme riduzione del costo del denaro. Accompagnato dalla discesa dell’inflazione dal 5%-6% dei primi anni ’90 al 2% circa degli anni ‘2000, il tasso ufficiale di sconto della banca centrale è crollato dal 10% e oltre fino al 2% e poi allo 0,05% [Grafico 2], trascinando al ribasso anche gli interessi sui mutui e su tutti i prestiti a famiglie e imprese. L’Euro, insomma, ha comportato innanzitutto più facilità di accesso al credito e quindi maggiore disponibilità di liquidità per l’economia, come evidenziato anche dalla rapida crescita degli aggregati monetari.
Grafico 2
Euro e indebitamento dello stato
Della discesa dei tassi ha beneficiato anche il governo nazionale: lo stato infatti, con l’introduzione dell’Euro, ha visto un ingente calo dei tassi sui propri titoli di debito, sia in termini nominali, che in termini reali, cioè al netto dello “sconto” dell’inflazione [Grafico 3]. Ciò ha comportato una significativa riduzione della spesa per interessi in proporzione al PIL da livelli superiori al 10% al 4% circa: il risparmio per l’erario, e quindi per i contribuenti, nel periodo 1999-2011 è stato quantificato in almeno € 500 Md. vale a dire più di € 40 Md. l’anno[1]: un importo enorme di maggiori risorse da destinare ad altri capitoli di spesa oppure alla riduzione della pressione fiscale, a seconda delle scelte politiche. Quindi è falso sia che l’ingresso nell’unione monetaria abbia provocato per l’Italia un aumento della spesa per interessi, sia che la bassa inflazione garantita dalla moneta unica abbia in qualche modo limitato la capacità d’indebitamento dello stato rispetto dall’era della Lira.
Grafico 3
Euro e crescita economica
Notiamo inoltre che, contrariamente a quanto spesso affermato, l’introduzione dell’Euro non ha avuto alcun impatto negativo sulla crescita. Il PIL pro capite dalla fine degli anni ‘70 alla fine degli anni 2000 cresce in modo abbastanza lineare e si arresta drammaticamente solo a seguito della crisi finanziaria del 2008 [Grafico 4]. Il debito pubblico pro capite invece continua a crescere costantemente, determinando l’esplosione del rapporto debito/PIL, ma non certo a causa degli interessi sul debito stesso, che anzi tendono a decrescere sempre di più; bensì evidentemente a causa di altri capitoli di spesa che rimangono attualmente in espansione nonostante la stagnazione del PIL.
Grafico 4
Alla luce dei dati qui analizzati, possiamo concludere che, al netto delle libere decisioni politiche del governo nazionale e di eventuali variabili extra-monetarie qui non considerate, l’introduzione dell’Euro ha avuto per l’Italia un impatto sicuramente positivo, sia nella stabilizzazione del potere d’acquisto dei redditi fissi, a tutto vantaggio di salariati e pensionati; sia sul mercato del credito, con benefici per le imprese che hanno effettuato investimenti e per le famiglie che hanno acceso mutui; sia infine sui conti pubblici e quindi sui contribuenti.
[1] https://oraliberale.wordpress.com/2012/11/03/quanto-abbiamo-risparmiato-in-interessi-con-leuro/