Glielo hanno chiesto tutti, gli alleati di Ncd, la minoranza Pd, Forza Italia e M5S. Tutti. Eppure il premier Matteo Renzi ha sempre opposto un ostinato niet: l’Italicum così com’è non si cambia. Eppure la recente tornata elettorale (regionali e comunali) ha messo più di una pulce nell’orecchio del capo del governo. Il timore, neppure tanto velato, di andare al ballottaggio con il M5S (ad oggi seconda forza politica, complice la frammentazione del centrodestra) e magari perderlo (i Cinque Stelle ai recenti ballottaggi hanno sempre vinto e i recenti sondaggi parlano di un testa a testa tra M5S e Pd al secondo round) è forte. Per questo, il premier segretario starebbe pensando di cambiare struttura al, finora, intoccabile Italicum. A lanciare l’indiscrezione è l’editorialista di Repubblica, Stefano Folli.
Sul piano simbolico, Castiglione e Marino dicono molto delle difficoltà di Renzi e della necessità per lui di non farsi mettere all’angolo. Ma si tratta pur sempre di due incidenti di percorso, nessuno risolutivo per le ambizioni del premier. C’è dell’altro, ci sono temi a cui si legano i futuri equilibri parlamentari e quindi l’avvenire del “renzismo” come esperimento destinato a durare[…]
Appare chiaro infatti che la legge elettorale – il cosiddetto Italicum – è già in archivio. Doveva cambiare l’Italia, imponendo il sistema bipartitico, e invece è a un passo dall’essere modificata in modo radicale. Renzi prevedeva che presto sarebbe stata copiata in altri Paesi, ma a quanto pare non accadrà. Anzi, persino noi italiani eviteremo di metterla alla prova almeno una volta.
Alla fine l’Italicum ha visto la luce, pur fra mille polemiche, ma si è capito quasi subito che era il vestito sbagliato per l’Italia di oggi. Per meglio dire, i risultati delle regionali e soprattutto delle comunali hanno creato parecchia inquietudine a Palazzo Chigi e in altri palazzi. Si è compreso che una convergenza elettorale anti-governo e anti-sistema, Cinque Stelle ma non solo, è sulla carta in grado di contendere la vittoria al Pd e in primo luogo a Renzi.
Per la buona ragione che per il candidato del Pd è più difficile prendere voti al secondo turno di quanto non lo sia per il suo antagonista, figlio di una sinergia di fatto fra grillini, leghisti e altri nemici dell’”establishment”.