Crisi greca e bufale, il caso del confronto con l’Islanda
Come ha sottolineato Eco effettivamente l’emergere dei Social Network e dell’informazione sul web ha portato a mettere sullo stesso piano l’opinione di tutti, anche dei più incompetenti, e un effetto collaterale vistosissimo è la diffusione di bufale, tormentoni, luoghi comuni non verificati.
Il caso dell’Islanda, della sua crisi e della sua ripresa, paragonata con la crisi greca, così come quella italiana, è esemplare.
Si è ormai diffusa la convinzione tra la gente comune che l’Islanda ha rifiutato di restituire il proprio debito, e soprattutto di fare quell’austerità toccata ad altri.
La famigerata pagina Informarexresistere è un esempio.
Gli anti-euro ci si buttano a capofitto:
Il Fatto Quotidiano aderisce alla narrazione, che naturalmente vede tutti gli ingredienti che movimenti di estrema sinistra o populisti di tutta Europa amano: la ribellione verso il sistema, in primis le banche, la tecnologia usata in modo anarchico e comunitario (la “Costituzione scritta dalla rete”), il rifiuto dell’austerità
In realtà mancato pagamento del debito riguarda il debito di banche private verso dei privati, non certo di quello pubblico, che è il problema italiano e greco, (e non sappiamo come reagirebbero molti in Italia se la propria banca non garantisse i propri depositi), ma soprattutto paradossali sono le credenze sull’austerità
Peccato che sia tutto falso!
L’austerità in Islanda c’è stata.
Ed è stata la seconda più grande dopo la Grecia.
L’Islanda ha intrapreso una serie di misure tra il 2009 e il 2012 che non potremmo definire in altro modo se non di austerità. E si può verificare tutto dai report del FMI o dell’OCSE.
L’insieme dei provvedimenti intrapresi è stato impressionante.
Questo prospetto, proveniente da un report del ministero delle Finanze islandese presso l’OCSE del 2012 riassume le misure dal lato delle entrate nel corso di 4 anni
Nella sostanza:
– l’IVA (VAT) è stata alzata al 25%, la più alta del mondo
– L’aliquota più alta sul reddito (TIP, Top Income Tax) è salita dal 35,7% al 46,2%
– La tassa sui redditi da capitale (CIT) è salita dal 10% al 20%
– La tassa sui redditi d’impresa è andata dal 10% al 15%
– Aumentati anche i contributi per la previdenza, dal 5,34% al 8,65%, e le tasse sulla pesca
– Introdotte nuove tasse, come una patrimoniale, tasse sulle attività finanziarie, tassa di successione, ecc
Queste misure riguardavano solo le entrate, ma pesanti sono stati i tagli delle uscite.
Di seguito dallo stesso report vediamo i tagli in percentuale delle entrate del 2012 nei vari anni
In totale è stato tagliato il 12,7% della spesa primaria reale. Come se in Italia si fosse tagliato più di 80 miliardi di euro.
Non sono è stato risparmiato alcun capitolo di spesa dal welfare, alla spesa dei ministeri, all’istruzione. I salari pubblici e i benefit sono stati congelati per quattro anni in un periodo in cui l’inflazione è stata particolarmente alta a causa della svalutazione del 50% della corona.
Vediamo di seguito la percentuale cumulativa dei tagli alla spesa e degli aumenti delle tasse. Rispetto al PIL l’aumento delle tasse è stato infine del 6% e il taglio delle spese dell’8%
Nel complesso si può misurare quello che è stato l’aggiustamento del budget primario, ovvero senza contare le spese per interessi, corretto per gli effetti del ciclo, ovvero al netto degli effetti della congiuntura economica negativa, che poi è il criterio usato anche dalla Commissione Europea:
Come si vede solo la Grecia ha avuto una aggiustamento maggiore, del 18%. L’Islanda viene subito dopo con il 13%.
Si noti come l’Italia abbia avuto un aggiustamento solo del 3,3%, addirittura inferiore di quello medio dell’Eurozona, questo per chi pensa che l’Italia abbia subito una pesante austerità.
Quindi cosa cambia? Perchè l’economia islandese è cresciuta del 2,1% nel 2011, del 1,1% nel 2012, del 3,3% nel 2013 e del 1,9% nel 2014, mentre in questo periodo l’Italia è stata in recessione e la Grecia in una profondissima depressione?
Qualcuno dirà, per il blocco dei capitali e per la svalutazione della moneta, che la Grecia non può mettere in atto. Tuttavia non sono state certo misure indolori per l’Islanda. L’inflazione dopo la svalutazione ha toccato il 18%, e come abbiamo detto i salari sono rimasti fermi, svalutandosi in un modo che in Italia non abbiamo mai sperimentato, visto che anche ai tempi di alta inflazione c’era la famosa scala mobile.
Quindi non esistono mitiche ricette, vediamo che vi sono Paesi, come l’Islanda o i Paesi Baltici, in cui anche una pesante austerità non ha poi impedito, e per qualcuno ha favorito la ripresa successiva, i miti e i luoghi comuni che girano per la rete non aiutano certo a capire che evidentemente è la capacità produttiva e la competitività intrinseca dei prodotti delle imprese a contare, più di ogni altra cosa. E l’Islanda già da tempo aveva cominciato a diversificarsi, non solo pesca, ma anche produzione di software, biotecnologie, turismo, produzione di alluminio. I frutti di questa tendenza si sono visti dopo la crisi economica.