Il Vaticano riconosce la Palestina: Israele si indispone
Il 26 giugno 2015, presso la Città del Vaticano, Santa Sede e Stato di Palestina hanno finalizzato la bozza di intesa che, lo scorso 13 maggio, aveva preannunciato l’imminente disciplina dello status della Chiesa Cattolica in Palestina.
L’accordo
Si sono riuniti Venerdì 26 giugno i rappresentanti dello Stato Palestinese e quelli della Santa Sede, presso la Città del Vaticano, per firmare uno storico accordo che disciplina i diritti della Chiesa Cattolica nei territori palestinesi.
Si tratta di un’intesa preannunciata da negoziati che risalgono all’accordo base siglato tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), firmato il 15 febbraio 2000.
Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, dettaglio non irrilevante, per usare un eufemismo, è l’esplicita menzione, nell’accordo, della soluzione a “due Stati”, riconoscimento implicito del fatto che la Palestina è, per il Vaticano, un’entità statuale.
Il disappunto israeliano
L’accordo non ha un equivalente con lo Stato di Israele, e proprio l’ambasciata israeliana presso la Santa Sede ha reso nota la propria insoddisfazione dinnanzi all’intesa raggiunta, evidenziando come questa potrebbe avere delle implicazioni “per la futura cooperazione fra Israele e il Vaticano”. Delusione che si aggiunge a quella manifestata in molteplici altre occasioni in cui vari membri della comunità internazionale si sono ufficialmente pronunciati a favore di un riconoscimento dello Stato della Palestina.
Gli auspici del Vaticano
L’accordo, tuttavia, rappresenta per monsignor Paul Richard Gallagher “uno stimolo per porre fine in modo definitivo all’annoso conflitto israeliano-palestinese”. Il prelato ha auspicato che la “soluzione dei due Stati divenga realtà quanto prima” in quanto “il processo di pace può progredire solo tramite il negoziato diretto tra la Perti con il sostegno della comunità internazionale”.
La reazione palestinese
Il Ministro degli Esteri Palestinese, Riad Al-Malki, ha definito quello di oggi un “accordo storico”, frutto dell’impegno del Presidente Abbas e di Papa Francesco, nonché un chiaro riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.
Il Ministro avrebbe anche sottolineato l’impegno delle autorità palestinesi a promuovere la tolleranza religiosa e la libertà di coscienza, punto chiave dell’accordo, che entrerà formalmente in vigore quando entrambe le parti avranno notificato formalmente il soddisfacimento a livello interno dei requisiti costituzionali necessari alla piena implementazione delle disposizioni contenute nell’accordo.
L’accordo, Israele e la Palestina
L’intesa si pone in linea di continuità con una tendenza ormai marcata al riconoscimento della soluzione a “due Stati”. Sicuramente si tratta di un passo importante e coraggioso, più marcato e chiaro del timido e ambiguo riconoscimento votato dal Parlamento italiano.
Che Israele lo voglia o no, la sua credibilità viene continuamente messa in discussione. Da un lato, le autorità palestinesi stanno premendo affinché la Corte Penale Internazionale intervenga sul tema dell’occupazione e dell’intervento militare israeliano a Gaza dell’estate 2014. Dall’altro, si è alla vigilia della presentazione del rapporto della Commissione di Inchiesta internazionale sull’ultima guerra di Gaza, presso il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU. Non stupisce, dunque, il nervosismo dei diplomatici israeliani.
D’altra parte, con riferimento ai rapporti con la Chiesa Cattolica, anche lo spazio concesso alla libertà di religione in Israele sembra essere sempre più a rischio, come sembra cogliersi da un editoriale pubblicato da Haaretz il 21 giugno scorso, ove si sottolineava la necessità che Israele non ignori i crimini motivati dall’odio, contro moschee e chiese presenti sul suo territorio. Proprio giovedì 18 giugno scorso, infatti, la chiesta “della moltiplicazione dei pani e dei pesci”, nei pressi di Tiberiade, era stata data alle fiamme, segnando il diciottesimo attacco a edifici religiosi non ebraici, su suolo israeliano, negli ultimi quattro anni, lasciando gli esecutori materiali impuniti.