Su Expo 2015 (ma possiamo semplicemente chiamarla “Esposizione Universale”? O rischiamo l’accusa di “gufi fascisti”?) si è scritto molto. Si tratta senz’altro di un successo italiano che ha visto, come spesso capita nella storia del nostro paese, la propria strada lastricata di problemi ed incertezze.
Basti pensare alla gestione della manifestazione, che addirittura è partita da Lucio Stanca (promesso ma mai nominato ministro del IV governo Berlusconi) a Giuseppe Sala commissario straordinario. Da quel che si evince considerando il primo mese di manifestazione, i visitatori stanno arrivando e gli introiti per il sito ubicato nella vicinanze di Rho rispecchiano le attese.
Qui però ci preme sottolineare alcuni aspetti di carattere comunicativo legati alla kermesse. E per farlo partiamo da un venerdì sera del dicembre dello scorso anno. Il 19 dicembre del 2014, per l’esattezza.
Una serata “anomala” per la Rai che ha già avviato il blocco del proprio palinsesto in vista delle imminenti vacanze natalizie. Quella serata sul primo canale è abitualmente appannaggio di “Tale e Quale Show” di Carlo Conti, programma campione d’ascolti e vincitore del Gran Premio per la Regia Televisiva 2015.
I vertici Rai mandano dunque in onda uno speciale sostitutivo chiamato “Un Mondo d’Amore”, condotto da Bruno Vespa e Antonella Clerici, con la partecipazione dei ragazzi di “Ti Lascio Una Canzone” (il Volo, gli artisti più importanti usciti da questo talent, non si erano ancora affermati come vincitori del Festival della Canzone Italiana).
Il tema del programma è l’Expo. Con collegamenti da Milano e dal cantiere ancora in via di lavorazione. Ospite d’onore il Presidente del Consiglio (da dieci mesi) Matteo Renzi che illustra le caratteristiche della manifestazione e la grande occasione che si prospetta per il paese.
Facciamo un ulteriore salto in avanti: 30 aprile 2015. Sempre su Raiuno. Sempre la Clerici conduce, con Paolo Bonolis, uno show per festeggiare la vigilia dell’inizio dell’Esposizione. In diretta da Piazza Duomo si esibiscono Andrea Bocelli e Lang Lang. Nel corso del programma si mostrano alcuni video sui singoli padiglioni dei singoli paesi ed un servizio in cui Bonolis visita il “Padiglione Zero” con gli organizzatori. Sul finire di trasmissione, Beppe Sala canta “O mia bela Madunina”.
Il giorno dopo, primo maggio, apre l’Expo. Non è presente il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Nel discorso d’apertura Matteo Renzi cita il “cambio” di inno nazionale proposta da un coro di bambini poco prima: siam pronti alla vita, l’Italia chiamò. Al tempo stesso evidenzia come l’apertura dell’Esposizione sia una sconfitta dei gufi e di chi perennemente grida al “non ce la faremo mai”. Ignaro del fatto che il governo da lui presieduto al massimo ha contribuito all’apertura dell’evento, e non alla sua organizzazione essendo in carica da poco più di un anno. E che eventi come l’Esposizione Universale per quanto difficili da organizzare sono vincolati da una serie di accordi internazionali, che ne facilitano l’organizzazione (basti pensare ai controversi mondiali di Sudafrica del 2010). I famosi nastri che si tagliano, insomma.
Expo, tra comunicazione e giudizi di valore
Molto clamore dunque anticipò l’apertura della kermesse. E nei giorni immediatamente successivi al primo maggio il Tg1 non lesinava report e servizi sui singoli padiglioni dei singoli paesi.
La domanda ora è: a mente fredda, senza il problema del clamore mediatico e dell’imminente inizio della manifestazione, che lettura dare a questo Expo?
Senz’altro si è trattato di una vetrina importante sul fronte delle relazioni internazionali. Molti vertici bilaterali (Italia-Francia, Italia-Regno Unito, Italia-Federazione Russa, Italia-America Latina) si sono tenuti a Milano sfruttando l’occasione da parte dei vari capi di stato e di governo di visitare i tanti padiglioni. Al tempo stesso occorre considerare che la vocazione e lo spirito con cui oggi si organizza una manifestazione di questo tipo non può che essere molto diversa da quello degli anni ’30 o ’20 del secolo scorso.
Nonostante tutto ci sentiamo di dire, considerando l’organizzazione dell’evento e le proprie prospettive, che per certi versi la missione dell’Esposizione Universale non è affatto riuscita.
O meglio: è stato fatto il compitino e ci si dichiara soddisfatti, avendo avuto lo studente problemi in famiglia che hanno compromesso in parte lo spirito.
L’idea che ci si fa è che un paese coinvolto da scandali, negligenze burocratiche e problemi giuridici su appalti e organizzazioni varie (la benedetta legge obiettivo…) abbia deciso di giocare le proprie carte al ribasso. Salvandosi in calcio d’angolo.
Abbiamo vinto contro Smirne. Organizziamo qualcosa. Ma siccome il tempo corre e le inchieste aumentano, facciamo una cittadella fuori città, nelle vicinanze di Rho. Successivamente di fatto releghiamo ad altri l’onere di rendere l’evento spettacolare. Spetta infatti ai singoli padiglioni, costruiti dai singoli paesi, rendere l’evento interessante o meno. Noi forniamo solo una grande oasi protetta facilmente gestibile sul versante urbanistico e regolamentare. Poi però, si distrugge tutto (a parte la Cascina Trivulza).
Per quanto in un criterio di aree metropolitane, Rho sia considerabile prettamente come “Milano”, è discutibile il fatto che l’indotto economico di tutto ciò ricada anche sul comune meneghino.
Da questo punto di vista anche il funzionamento di un buon mezzo pubblico, in grado di collegare i cittadini all’Esposizione, rende Milano come area urbana bypassata da turisti interessati solo a visitare la provvisoria cittadella. Senza alcun desiderio di visitare Piazza del Duomo, la Scala e l’adiacente Palazzo Marino.
Il tutto in quadro in cui (dinamica tipica del sottore turistico, basti pensare al giubileo romano) il turismo “ordinario” a Milano è inevitabilmente destinato a calare da qui ai prossimi mesi. Perché, proprio a causa dell’Expo, una grande ditta o una grande azienda mai avrà l’idea di organizzare un convegno nella città di Milano. Preferendo altri lidi e altre città meno nevralgiche ed altro del mondo.
Ecco dunque un caso in cui la comunicazione e l’enfasi patriottica sta cercando di nascondere una realtà sotto gli occhi di tutti: l’Esposizione Universale sta forse riuscendo. Ma fino ad un certo punto.
I gufi, se ne facciano una ragione.