In un editoriale di oggi il famoso economista Paul Krugman si schiera a favore del referendum proposto da Tsipras affinchè sia il Corpo Elettorale – e non il Governo – a decidere la strada maestra da percorrere per la Grecia: dentro o fuori dall’euro – e di conseguenza con o contro le politiche economiche comunitarie ed “ortodosse”.
Anzitutto Krugman. Tra i massimi economisti mondiali, critico della New Economy ben prima che la bolla scoppiasse, attualmente Professore di Economia e Relazioni Internazionali a Princeton, ha vinto il nobel per l’Economia nel 2008 (a soli 55 anni!) con una analisi focalizzata sulla Geografia Economica. Se non bastasse, nel 1999 ha scritto un libro intitolato “Il ritorno dell’economia della Depressione”, recentemente ristampato, il cui ultimo capitolo sembra scritto nel 2009 e descrive la ricetta dell’autore per uscire da una crisi come quella in cui tuttora è immersa l’Europa.
Poi la Grecia. Sebbene la crisi sia nata dai conti truccati dalla Politica per oltre un decennio, è indubbio che negli ultimi anni da una parte i Governi greci hanno ottemperato alle richieste della Troika (ora il nome ha avuto un restyling, ma la sostanza resta la medesima), dall’altra la BCE ha tenuto calmi i Mercati, ma dall’altra ancora la disoccupazione non è calata e l’economia si è solo leggermente ripresa.
Il Pensiero di Krugman è noto: la continua politica di rigore senza cura delle condizioni a contorno (in particolare sociali e di risparmio/investimento) non porta alla soluzione di ripresa sperata; o quantomeno non vi porta prima e senza valicare la soglia di un (troppo?) forte malcontento sociale.
Tutti i governi di sinistra greci degli ultimi anni sono da reputare in un certo senso sconfitti, perché per tenere a galla la Grecia – e se stessi – hanno ripetutamente dato vita a governi di coalizione che hanno seguito le direttive impartite senza una vera attenzione a queste condizioni a contorno, che ora più che mai in Grecia stanno generando malcontento e difficoltà.
Nel corso di questi anni il popolo greco ha ripetutamente espresso la sua avversione per le politiche di rigore, ed altrettanto chiaramente ha però espresso la sua volontà di restare nell’Euro. Tsipras e Syrizia, recentemente eletti con un mandato popolare orientato a coniugare questi due obiettivi, ora si trovano nelle condizioni dei loro predecessori: Governo di unità nazionale per applicare i nuovi accordi – peraltro lo scorso venerdì molto vicini nelle richieste di creditori e debitore – o uscire dall’Euro e tentare la strada ignota (nelle conseguenze) del ritorno alla Moneta sovrana.
Secondo Krugman quindi ben ha fatto il Primo Ministro greco ad indire il referendum. La scelta – qualunque essa sia – è troppo difficile e carica di conseguenze per passare sopra le teste di 11 milioni di abitanti.
Finora Syrizia si è trovata in una posizione politica molto scomoda, stretta tra il mandato popolare, le difficoltà sociali e le pressioni dei creditori. Qualunque scelta potrebbe essere contestata in modo talmente ampio da far cadere il Governo – e non è ancora detto che questo non accada – di qui la scappatoia escogitata: chiedere alla popolazione che ha da poco eletto il Governo di dare allo stesso una indicazione chiara dei suoi desideri, e da questa indicazione trarre la forza politica interna ed esterna – verso la Troika, ma anche verso i partner commerciali non europei – per fare “quello che si deve” per rispettare il mandato popolare. Qualunque esso sia.
-6 al verdetto.