Merito è la nuova buzzword per giustificare tutto. Basta mettere la parola merito in una riforma e nessuno entrerà più nel merito del suo contenuto. Bisogna premiare il merito.
Il problema è che nessuno dice come si concretizza questo “merito”. Verranno definiti criteri da comitati e poi li applicherà il preside. La garanzia è che dovrà “dare una motivazione scritta”.
Non è un caso che merito e meretrice abbiano la stessa radice, perché sarà la gara a “meritare” il premio. Decine di studi dicono che le scuole funzionano meglio se si coopera invece che se si compete, ma in nome di un feticcio noi incitiamo gli insegnanti a farsi concorrenza per un premio monetario.
E in tutto ciò ci si scorda che la scuola serve a soddisfare un bisogno. Il bisogno di imparare. E che le risorse dovrebbero andare dove c’è più bisogno, non dove c’è più merito. Come in una famiglia dove, certo, si fa in modo di valorizzare il figlio bravo, di aiutarlo a raggiungere ciò che può raggiungere, ma ci si impegna anche ad aiutare il figlio meno intelligente e si perde tempo ed energie anche a cercare di recuperare il figlio lazzarone.
Dovremmo cambiare paradigma: dalla retorica del merito alle politiche che cercano di arrivare dove c’è bisogno.
P.S. Poi il fatto che a sostenere la riforma ci sia uno che ha il merito di portare il cognome del fratello e che il principale estensore della riforma sia un tizio che è stato per anni fuori corso a Scienze Politiche e non si è mai laureato qualche dubbio sul discorso “merito” potrebbe anche farlo venire…